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mercoledì 19 dicembre 2012

“ASPI” , “MINI-ASPI 2012” e “MINI-ASPI” : LE ULTERIORI ISTRUZIONI DELL'INPS SULLA NUOVA “DISOCCUPAZIONE”

L'INPS fornisce alcuni chiarimenti in merito all'Indennità di disoccupazione "mini-ASpI 2012":


L'INPS ritiene che l'ipotesi della procedura di licenziamento per giustificato motivo oggettivo conclusa in sede conciliativa con una risoluzione consensuale configuri un'ipotesi di cessazione involontaria del rapporto di lavoro, dando così titolo all’accesso alla tutela del reddito corrispondente:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fMessaggi%2fMessaggio%20numero%2020830%20del%2018-12-2012.htm
L'INPS fornisce le istruzioni circa le nuove discipline, previste dall'articolo 2 della Legge n. 92/2012 (Riforma del Mercato del Lavoro), conosciute come: Indennità di disoccupazione ASpI e mini–ASpI:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20142%20del%2018-12-2012.htm

lunedì 17 dicembre 2012

ADDIO "Disoccupazione"! DALL'1.1.2013 ARRIVA L' "ASPI" (Assicurazione Sociale per l'Impiego)

L’articolo 2 della legge n. 92 del 28 giugno 2012 ha istituito, con decorrenza 1° gennaio 2013, l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (ASpI), con la funzione di fornire un’indennità mensile di disoccupazione ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione. L’ASpI – che sostituisce la preesistente assicurazione contro la disoccupazione involontaria – si caratterizza per l’ampliamento della platea dei soggetti tutelati, per l’aumento della misura e della durata delle indennità erogabili agli aventi diritto, nonchè per un sistema di finanziamento alimentato da un contributo ordinario e da maggiorazioni contributive.
Clicca qui sotto e leggi la Circolare INPS per capire come funziona:
http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20140%20del%2014-12-2012.htm

lunedì 10 dicembre 2012

I lavoratori della Scala lanciano volantini dal loggione

La Prima della Scala a Milano lo scorso 7 dicembre ha registrato verso la fine dello spettacolo, il lancio di volantini di protesta dal loggione. In sintesi, i lavoratori denunciano quanto segue.
*Tra i lavoratori, artisti compresi, che hanno lavorato al Teatro alla Scala, già ci sono otto morti per malattie correlate all’amianto
* licenziata la ballerina solista del Corpo di Ballo della Scala per aver parlato e scritto un libro sui disturbi alimentari e non solo delle giovani che entrano nel mondo della danza.
* Il “Teatro alla Scala” è classificato ad “Alto Rischio”. Ogni anno, l’edificio accoglie 400 mila spettatori. Sarebbero necessari 20 Vigili del Fuoco Interni. Attualmente sono ridotti a 12.
*Il personale di sala è sotto organico del 50%
* 300 cause depositate presso il Tribunale di Milano intentate dai lavoratori precari della Scala per essere stabilizzati
*Un numero spropositato di lavoratori inquadrati da anni con contratto a tempo indeterminato “a chiamata”
* nel Coro avvengono violazioni del Contratto Nazionale delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche e degli Accordi Interni. La Commissione che seleziona gli aspiranti coristi ha denunciato l’illegittimità, a danno dei selezionati, causata dal trattenimento in servizio di un corista pensionato
(ne abbiamo parlato tempo fa qui:
http://alcom-agl.blogspot.it/2012/10/coro-della-scala-perche-lui-noanche-se.html )
* La “Fondazione Teatro alla Scala” è proprietaria di un edificio con parcheggio sotterraneo siti in Via Verdi. L’edificio viene lasciato vuoto
* la Direzione del Teatro che si occupa del settore “Acquisti di beni e servizi” ha indetto operazioni d’asta con affidamento ad Aziende con il 40% di ribasso
* Noleggiati mezzi di trasporto, lasciando fermi numerosi mezzi di proprietà della Scala.

Si tratta, come si vede, di una situazione scottante, comune a tanti teatri italiani, sofferta, oltre che dalla cittadinanza sensibile al teatro e alla cultura in generale, in particolare dai lavoratori impegnati in quelle strutture.
Attendiamo, dalla Fondazione e dalla Direzione, che venga chiarito il proprio punto di vista su quanto denunciato dai lavoratori che ci sembra abbastanza grave.
Ricordiamo che la Cultura è il futuro del nostro Paese, al contrario di altri settori ormai senza futuro ma sui quali vi è un investimento di risorse spropositato.
Siamo solidali con i lavoratori della Scala e con quelli di tutti i teatri italiani.

ALCOM-AGL

lunedì 26 novembre 2012

COOP, SPOT LITTIZZETTO : ALCUNE LAVORATRICI LE SCRIVONO

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Cara Luciana,
lo sai cosa si nasconde dietro il sorriso di una cassiera che ti chiede di quante buste hai bisogno? Una busta paga che non arriva a 700 euro mensili dopo aver lavorato sei giorni su sette comprese tutte le domeniche del mese. Le nostre famiglie fanno una grande fatica a tirare avanti e in questi tempi di crisi noi ci siamo abituate ad accontentarci anche di questi pochi soldi che portiamo a casa. Abbiamo un’alternativa secondo te?
Nei tuoi spot spiritosi descrivi la Coop come un mondo accattivante e un ambiente simpatico dove noi, quelle che la mandano avanti, non ci siamo mai. Sembra tutto così attrattivo e sereno che parlarti della nostra sofferenza quotidiana rischia di sporcare quella bella fotografia che tu racconti tutti i giorni.
Ma in questa storia noi ci siamo, eccome se ci siamo, e non siamo contente. Si guadagna poco e si lavora tanto. Ma non finisce qui. Noi donne siamo la grande maggioranza di chi lavora in Coop, siamo circa l’80%. Prova a chiedere quante sono le dirigenti donna dell’azienda e capirai qual è la nostra condizione.
A comandare sono tutti uomini e non vige certo lo spirito cooperativo. Ti facciamo un esempio: per andare in bagno bisogna chiedere il permesso e siccome il personale è sempre poco possiamo anche aspettare ore prima di poter andare.
Il lavoro precario è una condizione molto diffusa alla Coop e può capitare di essere mandate a casa anche dopo 10 anni di attività più o meno ininterrotta. Viviamo in condizioni di quotidiana ricattabilità, sempre con la paura di perdere il posto e perciò sempre in condizioni di dover accettare tutte le decisioni che continuamente vengono prese sulla nostra pelle.
Prendi il caso dei turni: te li possono cambiare anche all’ultimo momento con una semplice telefonata e tu devi inghiottire. E chi se ne frega se la famiglia va a rotoli, gli affetti passano all’ultimo posto e i figli non riesci più a gestirli.
Denunciare, protestare o anche solo discutere decisioni che ti riguardano non è affatto facile nel nostro ambiente. Ci è capitato di essere costrette a subire in silenzio finanche le molestie da parte dei capi dell’altro sesso per salvare il posto o non veder peggiorare la nostra situazione.
Tutte queste cose tu probabilmente non le sai, come non le sanno le migliaia di clienti dei negozi Coop in tutta Italia. Non te le hanno fatte vedere né te le hanno raccontate. Ed anche a noi ci impediscono di parlarne con il ricatto che se colpiamo l’immagine della Coop rompiamo il rapporto di fiducia che ci lega per contratto e possiamo essere licenziate.
Ma noi non vogliamo colpire il marchio e l’immagine della Coop, vogliamo solo uscire dall’invisibilità e ricordare a te e a tutti che ci siamo anche noi.
Noi siamo la Coop, e questo non è uno spot. Siamo donne lavoratrici e madri che facciamo la Coop tutti i giorni. Siamo sorridenti alla cassa ma anche terribilmente incazzate.
Abbiamo paura ma sappiamo che mettendoci insieme possiamo essere più forti e per questo ci siamo organizzate. La Coop è il nostro posto di lavoro, non può essere la nostra prigione.
Crediamo nella libertà e nella dignità delle persone. Cara Luciana ci auguriamo che queste parole ti raggiungano e ti facciano pensare.
Ci piacerebbe incontrarti e proporti un altro spot in difesa delle donne e per la dignità del lavoro.
Con simpatia, un gruppo di lavoratrici Coop"""""""""
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COMMENTO ALCOOP-AGL:
Siamo ovviamente disponibili a ospitare repliche da parte della Azienda COOP su quest'argomento.
Per intanto vorremmo osservare che molti in questi giorni parlano di violenza alle donne. Che spesso non è solo fisica ma anche morale, non solo tra le mura domestiche ma anche sul lavoro.Spiace constatare che nel mondo cooperativo stia andando avanti da anni il fenomeno delle retribuzioni più basse e degli orari più sfavorevoli. Se questo può lenire il malumore delle lavoratrici Coop, vorremmo rassicurarle che, a parte le atmosfere ovattate degli spot pubblicitari, l'opinione pubblica e la clientela di tutte le Aziende della grande distribuzione conosce abbastanza bene i loro sacrifici. Ma anche per i clienti non c'è scelta. Andare al supermercato significa infatti risparmiare per quel che si può in questa crisi. Quindi ci siamo un pò costretti tutti. Purtroppo vige un altro brutto fenomeno che chiunque faccia sindacato in quei contesti conosce bene: c'è troppa sottomissione, troppo timore, troppo egoismo da parte della gran massa dei lavoratori. E su questo campano i cattivi dirigenti che costruiscono il loro successo sullo sfruttamento. Purtroppo i lavoratori dovrebbero, in questi contesti estremi, capire che in definitiva è in mano loro la posibilità che certi personaggi continuino a fare profitti. Se non c'è vera ribellione non c'è vero cambiamento.Come è altrettanto vero che, nel panorama sindacale sono pochissimi i soggetti di cui ci si può fidare. Ma anche qui c'è una responsabilità di quei lavoratori che per paura, invece di buttarsi in prima persona nell'attività sindacale, la delegano a persone spesso senza scrupoli e senza morale.Sembra che le donne che hanno scritto questa lettera alla Littizzetto abbiano capito perfettamente tutto ciò. Ma per favore, non fermiamoci allo spot che sicuramente la Littizzetto interpreterà anche contro la violenza alle donne (e, ci scommetteremmo, con il contributo finanziario degli stessi dirigenti Coop e magari con la regia di qualche cineasta di "sinistra"). Cerchiamo di guardare più in là, oltre anche al precariato (perchè è chiaro che il futuro, tra pochi anni, sarà quello, ma per tutti, se non altro per disinnescare la bomba ad orologeria sociale che verrebbe costruita dal perpetuarsi dell'ingiustizia nel trattamento diseguale tra lavoratori in situazioni diverse). Per esempio: nei mesi scorsi anche noi abbiamo denunciato la via serba di Marchionne ai rapporti di lavoro. Non sarà mica che Renzi (vincitore delle primarie nelle zone rosse e quindi anche col voto dei cooperatori) e Bersani (storicamente considerato uomo vicino all'imprenditorialità cooperativa) pensino che l'alternativa al modello FIAT sia questo modello Coop?
Ecco, ci dicano loro cosa pensano della vostra situazione e cosa vogliano fare per porre rimedio. E CGIL CISL UIL, oltre a criticare i contratti pirata UNCI/CONFSAL , non sembra abbiano fatto molto per dimostrare come i CCNL Alleanza Cooperative/Triplice siano poi tanto diversi. E l'Autorità di vigilanza (la Direzione Generale Enti Cooperativi del Ministero dello Sviluppo Economico, diretto da Passera) che potrebbe intervenire subito, non ritiene che sia il caso di disporre ispezioni straordinarie a carico di Aziende che per legge sono con frequenza annuale o biennale ispezionate da Legacoop stessa? E può sopravvivere nel 2012 un sistema che preveda la coincidenza tra controllore (Legacoop) e controllato (la COOP aderente a Legacoop alla quale paga la quota associativa)? Care lavoratrici, solo interessandovi direttamente di queste cose (altro che la povera Littizzetto) riuscirete a smuovere qualcosa. E senz'altro noi saremo al vostro fianco.

giovedì 22 novembre 2012

IL GRANDE REGISTA KEN LOACH RIFIUTA UN IMPORTANTE PREMIO A TORINO E SI SCHIERA CON I LAVORATORI

Comunicato di Ken Loach:
"E' con grande dispiacere che mi trovo costretto a rifiutare il premio che mi è stato assegnato dal Torino Film Festival, un premio che sarei stato onorato di ricevere, per me e per tutti coloro che hanno lavorato ai nostri film.
I festival hanno l’importante funzione di promuovere la cinematografia europea e mondiale e Torino ha un’eccellente reputazione, avendo contribuito in modo evidente a stimolare l’amore e la passione per il cinema.
Tuttavia, c’è un grave problema, ossia la questione dell’esternalizzazione dei servizi che vengono svolti dai lavoratori con i salari più bassi. Come sempre, il motivo è il risparmio di denaro e la ditta che ottiene l’appalto riduce di conseguenza i salari e taglia il personale. È una ricetta destinata ad alimentare i conflitti. Il fatto che ciò avvenga in tutta Europa non rende questa pratica accettabile.
A Torino sono stati esternalizzati alla Cooperativa Rear i servizi di pulizia e sicurezza del Museo Nazionale del Cinema (MNC). Dopo un taglio degli stipendi i lavoratori hanno denunciato intimidazioni e maltrattamenti. Diverse persone sono state licenziate. I lavoratori più malpagati, quelli più vulnerabili, hanno quindi perso il posto di lavoro per essersi opposti a un taglio salariale. Ovviamente è difficile per noi districarci tra i dettagli di una disputa che si svolge in un altro paese, con pratiche lavorative diverse dalle nostre, ma ciò non significa che i principi non siano chiari.
In questa situazione, l’organizzazione che appalta i servizi non può chiudere gli occhi, ma deve assumersi la responsabilità delle persone che lavorano per lei, anche se queste sono impiegate da una ditta esterna. Mi aspetterei che il Museo, in questo caso, dialogasse con i lavoratori e i loro sindacati, garantisse la riassunzione dei lavoratori licenziati e ripensasse la propria politica di esternalizzazione. Non è giusto che i più poveri debbano pagare il prezzo di una crisi economica di cui non sono responsabili.
Abbiamo realizzato un film dedicato proprio a questo argomento, «Bread and Roses». Come potrei non rispondere a una richiesta di solidarietà da parte di lavoratori che sono stati licenziati per essersi battuti per i propri diritti? Accettare il premio e limitarmi a qualche commento critico sarebbe un comportamento debole e ipocrita. Non possiamo dire una cosa sullo schermo e poi tradirla con le nostre azioni.
Per questo motivo, seppure con grande tristezza, mi trovo costretto a rifiutare il premio".
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I complimenti dell'AGL al Maestro inglese e la nostra solidarietà a tutti i lavoratori coinvolti.

giovedì 8 novembre 2012

PROMOZIONE DI IMPRENDITORIA E OCCUPAZIONE SOCIALE GIOVANILE

                                            (nella foto il Ministro Andrea Riccardi)

Avviso pubblico per la presentazione di progetti per la promozione ed il sostegno di interventi tesi alla valorizzazione di beni demaniali ovvero patrimoniali, disponibili o non disponibili, di proprietà di una pubblica amministrazione, al fine di facilitare l’accessibilità e la fruizione da parte della collettività e favorire la promozione di imprenditoria e occupazione sociale giovanile nelle Regioni Obiettivo Convergenza - “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”

Per i particolari vai al sito del Dicastero del Ministro Riccardi:
http://www.gioventu.gov.it/bandi/2012/10/30/bandobeni.aspx

mercoledì 7 novembre 2012

IMU: LA STANGATA

Dal sito di Repubblica Roma
http://roma.repubblica.it/

"""""""""LA CAPITALE E LA CASA

Imu, arriva la stangata della rata di dicembre
prima casa +200%, quasi 400 per la seconda

L'imposta media passa da 170 a 510 euro. Il Campidoglio incasserà 1 miliardo

di DANIELE AUTIERI e LAURA SERLONI

Stangata Imu. La prima rata di giugno è stata soltanto il preludio di quello che i romani saranno costretti a pagare nell'ultima tranche di dicembre. Il saldo, secondo una prima stima, ammonta al 200% in più rispetto all'acconto per la prima casa e quasi al 400% in più per la seconda. Una vera e propria mannaia che rischia di dirottare la tredicesima di molti lavoratori direttamente nelle casse dello Stato.

La Capitale resta saldamente in vetta sia in termini di gettito sia di costi. In estate i romani, secondo i dati del ministero del Tesoro, hanno versato oltre 1 miliardo per l'Imu. La nuova tassa sulle abitazioni ha fruttato, dunque, più del 10% del gettito totale italiano, di questi 492,9 milioni sono serviti a rimpinguare la cassaforte capitolina. E prima delle festività natalizie i cittadini si apprestano a fornire un altro pesantissimo contributo. Già perché mentre per la prima rata e la seconda di settembre, che hanno versato tutti quelli che hanno scelto di frazionare il pagamento in tre fasi, l'aliquota veniva calcolata al 4 per mille sulla prima casa e al 7,6 per mille per la seconda; ora scattano gli aumenti. Entro il 31 ottobre i Comuni dovevano decidere le nuove fasce di riferimento.

A Roma nelle delibere propedeutiche al bilancio, il Campidoglio ha scelto di elevare al massimo possibile l'aliquota che si attesta al 5 per mille per la prima abitazione e al 10,6 per mille per la seconda. Una scelta quasi obbligata quella della giunta Alemanno, costretta dai bilanci in profondo rosso. Insomma, nell'ultima rata clou del 17 dicembre i proprietari di un appartamento dovranno versare il saldo e il conguaglio con l'aliquota maggiorata. Ma c'è da tenere conto della detrazione: ammonta a 200 euro più altri 50 per ogni figlio a carico minore di anni 26, fino a un massimo di 400 euro totali di detrazioni.

Secondo delle elaborazioni di "Repubblica" su dati del ministero dell'Economia, di Confedilizia e di Uil - Servizio politiche territoriali, ecco come saranno in media gli aumenti per i romani. Per quanti sulla prima casa, in acconto, hanno versato circa 170 euro, il saldo della terza rata con l'aliquota al 5 per mille sarà di 501 euro; mentre sulla seconda casa se si sono pagati circa 321 euro a dicembre sarà di 1.209 euro.

"Aumentare l'imposta di un punto sulla prima casa e non vedere i servizi migliorati, è una beffa", sottolinea Alfredo Ferrari, consigliere comunale del Pd e vicepresidente della commissione capitolina Bilancio. Il sindaco aveva la possibilità di aumentare l'aliquota di un punto percentuale sulla prima casa (ogni punto di Imu vale 150 milioni di euro) e di 3 punti sulla seconda (ogni punto di Imu, in questo caso, vale 140 milioni di euro).

Una manovra dalla quale il Governo spera di riuscire ad incassare circa 20 miliardi di euro; mentre il Campidoglio, si aspetta di avere circa un miliardo. E, infatti, proprio da Roma arriva il gettito maggiore. È salda al primo posto della classifica delle città dove si paga di più: in media nella capitale si sborsano circa 671 euro, a Milano 427 e a Bologna 409 euro. Così il Comune fa cassa con l'Imu, un modo per riuscire a garantire il pagamento degli stipendi dei dipendenti e tirare un sospiro di sollievo almeno fino a fine legislatura
(07 novembre 2012)
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COMMENTO AGL
Non siamo i soli a dirlo. L'effetto dell'Imu è devastante. Travolge non solo i bilanci famigliari ma anche il settore dell'edilizia, con le immaginabili ripercussioni sui comparti ad essa legati. Sono le aziende costruttrici ad essere in difficoltà e coloro che vendono le case .I possibili acquirenti sono: le famiglie che vogliono comprarsi un appartamento, che hanno difficoltà ad ottenere mutui o a sostenerli.E gli investitori (il mattone è il classico bene rifugio). Esso sta tuttavia diventando meno appetibile. Infatti comporta difficoltà con gli inquilini che hanno problemi a pagare l'affitto. E le imposte pesano indipendentemente dalla redditività effettiva del bene. L''Imu è una tassa iniqua ed un grave errore che sta provocando il crollo di tutto il mercato immobiliare del Paese. Ha provocato un calo nella produzione nelle costruzioni del 13% e una diminuzione del 36% nelle compravendite.Allo stato , l'unica soluzione migliorativa immediata che possa avere un senso è una detrazione maggiore per quei proprietari di abitazioni che pongono sul mercato degli affitti i loro immobili.

giovedì 25 ottobre 2012

POSTE ITALIANE: UN PROBLEMA CHE INTERESSA TUTTI

Dando un occhiata al funzionamento di un ufficio di Poste Italiane in questi anni è stato possibile farsi una idea dello stato di salute dei servizi in Italia. Ciò potrebbe dirsi, in realtà, per ogni amministrazione diffusa capillarmente sul territorio. Guardi le facce della gente, ne percepisci gli umori e capisci se questo Paese ha raggiunto livelli di efficienza decenti.In effetti, stranamente, ad un progresso degli strumenti tecnologici, nelle Poste, non ha corrisposto un miglioramento in tutti i servizi. Ad esempio si lamentano, in generale, eccessive file alle poste stesse e ritardi nel recapito delle lettere. Strano, perchè le Poste erano state privatizzate nel 1998 (trasformazione in SpA). Una SpA all'italiana , ovviamente, in quanto l'azionista unico era ed è il Ministeo dell'Economia. Alcuni punti fermi di questa operazione sono comuni a quelli di altri processi simili. Ad esempio la perdita di centomila posti di lavoro.Se ne sono persi nel recapito, parallelamente alle sedi decentrate dello stesso, via via accorpate.Ed è aumentata la distanza da percorrere per molti clienti obbligati a farlo.Certo, gli utili societari sono aumentati ma si sono persi, anche recentemente, altri posti di lavoro ed è stato abolito il recapito al sabato. Peggioramento del servizio quindi (l'oggetto sociale di questa SpA).Nel bancoposta sono aumentati i servizi da fornire a parità di personale ma quest'ultimo non ha sufficiente dotazione tecnologica.La situazione societaria è sana (bilanci in equilibrio) ma le risorse non vengono usate per migliorare le condizioni del servizio.Come detto la riorganizzazione ha proceduto per "ondate" di cui le ultime, quelle da poco preannunciate saranno devastanti.Licenziamento di 12 mila portalettere, chiusura di 1200 uffici minori e razionalizzazione (apertura settimanale ridotta) per altri 600.
I più maligni sostengono che questo processo abbia due obbiettivi: scorporare il Bancoposta "bancarizzandolo" e frazionare, affidandolo a ditte private, il servizio di recapito.
Già in altri settori in cui questi processi sono andati avanti è stato possibile ricavare le controindicazioni che ora ovviamente, per il futuro, sono riproponibili per Poste Italiane. Essenzialmente: la possibilità che quando vi sia un disservizio l'utente non riesca a risalire al responsabile (non per fargli causa ma semplicemente per risolvere in fretta il suo problema perchè è solo ciò che in questi casi gli (ci) interessa). E poi il rischio che una privatizzazione e parcellizzazione spinta non favorisca la concorrenza ma l'instaurarsi di tanti piccoli monopoli territoriali, gestiti in dispregio delle esigenze delle collettività residenti nei territori più sperduti.
Anche se molti sembrano essersene dimenticati, il servizio postale è un bene di pubblica utilità. Un recapito efficiente incide sul benessere psicologico della gente, il bancoposta è uno degli strumenti più utilizzati per il risparmio popolare. Il quale a sua volta è raccolto dalla Cassa Depositi e Prestiti la quale svolge una funzione importante, tra le altre: quella di finanziare gli investimenti infrastrutturali dei Comuni.
La vertenza Poste, quindi, interessa tutti noi perchè sono in gioco beni preziosissimi che, una volta persi, difficilmente riusciremo a recuperare in breve tempo e a costi sostenibili.
Grande solidarietà quindi con le richieste dei lavoratori postali (innanzitutto: basta con i licenziamenti) , richiesta al governo di curare con la massima attenzione (come dovrebbe fare ogni buon proprietario) l'operato del suo management, una riflessione prima o poi da condurre tesa a rivalutare l'utilità del ritorno ad un soggetto pubblico di determinate funzioni, visto che 15 anni di liberalizzazione/privatizzazione hanno dimostrato il fallimento delle teorie sottostanti.
Cercheremo, come Sindacato, di dare anche noi il nostro contributo per il miglioramento di questa situazione, nell'interesse dei lavoratori e della collettività.

mercoledì 24 ottobre 2012

TRUFFE CORSI FORMAZIONE: SAVIONI (AGL): " E' ORA DI PREVENIRE CONTROLLANDO CAPILLARMENTE"

Questa la notizia:
http://www.liberoquotidiano.it/news/1105924/Lombardia-organizza-falsi-corsi-formazione-con-fondi-pubblici-arrestato.html

""""""""""Lombardia: organizza falsi corsi formazione con fondi pubblici, arrestato

Milano, 24 ott. (Adnkronos) - Organizzava corsi di formazione finanziati con fondi pubblici producendo registri contraffatti e, in alcuni casi, non li avrebbe neppure svolti. Per questo la Guardia di Finanza di Milano sta eseguendo in queste ore un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip Alessandra Clemente, nei confronti dell'amministratore di fatto di una cooperativa milanese, attiva nell'ambito dei corsi di formazione e di aggiornamento professionale, per i reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e falso.
Le indagini, svolte su delega del sostituto procuratore di Milano, Paolo Filippini, sotto il coordinamento del procuratore aggiunto Alfredo Robledo, hanno consentito di appurare che l'indagato avrebbe indebitamente percepito erogazioni pubbliche in base legge 236/1993, pari ad oltre 1,3 milioni di euro, finalizzate all'organizzazione di corsi di formazione.
Gli accertamenti hanno rivelato che le attivita' oggetto dei finanziamenti sarebbero, in alcuni casi, mai state svolte oppure, in altri, sarebbero state rappresentate in maniera artificiosa mediante la falsificazione dei registri didattici prodotti alla Regione Lombardia. """"""""""


IVANO SAVIONI (della Segreteria Generale AGL):

"Ci risiamo. Il settore della Formazione (e non solo in Lombardia) è costantemente teatro di tentativi più o meno raffinati di truffare la Pubblica Amministrazione e tradire la fiducia di migliaia di giovani e delle loro famiglie.
E' ora di dire basta! Non ci accontentiamo più delle iniziative a posteriori della Magistratura, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, spesso costretti a rimediare al vuoto della Politica. E' necessario che da subito venga condotta da parte degli Organi di controllo preposti una straordinaria opera di prevenzione di questi odiosi reati in quanto vedono come vittime i più deboli.Ogni giorno sorgono dal nulla nuovi Enti di formazione i cui promotori dovrebbero possedere idonei requisiti e, a questo scopo, monitorati e attentamente seguiti"

SANITA': SPENDING REVIEW O SPENDING "DIPPIU' "?

E' ormai avvenuto che l'adozione da parte del governo della spending review abbia prodotto un effetto a cascata (una volta si chiamava scarica barile) sulle Regioni le quali sono state obbligate in fretta e furia a risparmiare dove era possibile, oltre che necessario. Si sa che la maggiore fonte di spesa per le regioni è la sanità quindi, cascata sulle ASL , seguita da cascatine sulle singole aziende ospedaliere. Ricordiamoci che la questione è serissima: stiamo parlando della salute della gente. Siamo vicini forse a una svolta. Ossia, potrebbe accadere che a breve quello che ognuno di noi dava per scontato e sicuro, rivolgendosi a uno ospedale (facendo i debiti scongiuri) a breve non possa esserlo più. Di solito, quando c'è da risparmiare si comincia, guarda caso, dal basso, anche se l'ordine viene dall'alto. Chi sono i più deboli? I malati. Da chi vengono accuditi, per lo più , di fatto? Da lavoratori che sono i più deboli e sfruttati: quegli degli appalti di servizi, spesso precari, sfruttati e sottopagati. Negli ospedali normali accade ciò. Ovviamente chi lancia quegli ordini dall'alto non è poi tra le vittime ma va a curarsi nelle cliniche di lusso, dove questi problemi non esistono.Si dirà, allora, che in definitiva si tratta di raschiare l'osso? Non esattamente, perchè questi appalti, in realtà, sono degli appetitosi e paffuti cosciotti addentati però da chi non è nè malato nè assistente dei malati. Di chi è la dentierà? Dei politici, i quali, notoriamente, nutrono la propria attività proprio grazie ai meccanismi che sono dietro gli appalti, il cui costo è in minima parte quello del servizio (quanto volete possano spendere per i poveri salari di quei lavoratori? Pochissimo) . In realtà, la parte del leone la fanno i costi generali dentro cui troveremmo, a ben cercare, qualcosa che conosciamo benissimo: i costi della politica.
Bene, si dirà.Il taglio riguarderà anche quei costi. No. Riguarda gli stipendi di quei lavoratori (aumento dei carichi a parità di retribuzione, riduzioni di orario, demansionamento) e gli acquisti di pertinenza dei malati. La politica non può tagliare i propri costi: ne verrebbe compromessa la democrazia, diamine!Quindi non solo quei lavoratori sono stati utilizzati in tutti questi anni come normali impiegati di ASL e Ospedali, senza vederselo riconosciuto (in violazione tra l'altro di ogni principio di diritto del lavoro, la medesima materia insegnata da qualcuno dei professori che ci governa). Ora rischiano di dover lavorare quasi gratis o, peggio, di perdere il loro lavoro. E i malati di perdere un sostegno che domani potrebbe non esserci più. L'unica via che porterebbe a un risparmio duraturo ossia il riconoscimento del lavoro effettuato dai precari, stabilizzandoli e la presa d'atto che solo reinternalizzando le funzioni, ossia facendo ridiventare pubblico quello che avventatamente è stato reso privato, si recupererebbe la qualità del servizio, non viene perseguita proprio perchè in tal caso cadrebbe la copertura di questo meccanismo perverso finalizzato a foraggiare la classe politica.Ma se i costi minimi del servizio sono incomprimibili e, quindi, per altre vie la Pubblica Amministrazione sarà costretta a breve, in qualche maniera (tasse ovviamente) a trovare, sulla base del disagio e della protesta sociale, le risorse per recuperare gli standard minimi di prestazioni e assistenza, se prima o poi il costo sociale di questa modalità di gestione della forza lavoro presenterà il proprio conto (chi può essere mai disposto a lavorare da schiavo?) e se la politica non vorrà rinunciare alla sua fetta di torta (si sa quanto sia difficile per chiunque mettersi a dieta) , è facile concludere che in questo e altri settori la spending review produrrà un complessivo incremento della spesa pubblica, un pò come accade all'obeso che inizia scelleratamente a fare dei forzati digiuni, perde inizialmente dei chili e poi li riacquista con gli interessi, cedendo su tutta la linea. Siamo veramente delusi. Pensavamo che un governo tecnico, formato da professori e manager così qualificati, escogitasse soluzioni più intelligenti.

venerdì 19 ottobre 2012

venerdì 12 ottobre 2012

SILURO DEL GOVERNO AI PESCHERECCI

Con il DDL Stabilità il Governo taglia le agevolazioni previdenziali della legge 30/98. Potrebbe essere la fine del settore ittico italiano. Rispetto allo sgravio contributivo del 70%, previsto per il 2013 dalla l.183/2011 (legge di stabilità 2012), la proposta di legge relativa al 2013 lo riduce al 63,2%. Peggio ancora negli anni successivi: 63,2 per il 2014; 57,5% per il 2015 fino al 50,3% a partire dal 2016. C'è il rischio di perdere gran parte dei posti di lavoro nell'intera filiera. Come già da noi più volte richiesto, il sistema avrebbe bisogno invece di una specifica e organica riforma previdenziale (mentre la normativa è , per il settore, risalente al 1958).
AGL Pesca scongiura il Governo di recedere da questo scellerato proposito e di andare a pescare le risorse di cui ha bisogno in altri e ben più ricchi mari!

GRAVE ATTACCO DEL GOVERNO ALLE COOPERATIVE SOCIALI

Aumento dell’IVA dal 4% al 10% per le cooperative sociali che prestano servizi socio – sanitari ed educativi, un provvedimento previsto nella Legge di Stabilità.
Anziché tradursi in maggiori entrate comporterà un disastro sociale perché indurrà maggiori spese per le ASL e i Comuni, riduzione dei servizi che colpirà le categorie più fragili e indifese (disabili, malati terminali, anziani e minori che vivono situazioni di emarginazione sociale e disadattamento) e le loro famiglie che vedranno ridursi i servizi o aumentare i costi.
AGL: Il Governo ritiri questo provvedimento!

lunedì 8 ottobre 2012

SCANDALO COOPERATIVE EDILIZIE LAZIO E VIGILANZA STATALE

dal sito:
http://www.regione.lazio.it/rl_consumatore/?vw=newsDettaglio&id=358

"""""""""""CASA/BUONTEMPO, A MAGISTRATURA DOSSIER SU COOPERATIVE EDILIZIE

04/10/2012 - "In Regione Lazio ho scoperto situazioni scandalose nel settore dell'edilizia sociale, con imprenditori e cooperative che hanno ricevuto risorse economiche, anche nella misura del cento per cento, per costruire abitazioni che poi hanno affittato a prezzi di mercato, facendo leva su convenzioni sbagliate stipulate con i Comuni. I costruttori e le cooperative hanno guadagnato tre, quattro, otto volte di più, mentre i cittadini sono stati massacrati. Nei prossimi giorni fornirò alla magistratura un dettagliato dossier al riguardo". Lo ha detto l'assessore alle Politiche per la casa della Regione Lazio, Teodoro Buontempo, a margine del convegno "Regione Lazio, un patto sociale per la casa". L'incontro, organizzato dal presidente dell'Ater della Provincia di Roma, Massimo Cacciotti, si è svolto questa mattina a Carpineto Romano e ha riunito i vertici delle sette aziende di edilizia residenziale pubblica del Lazio. Presente anche il presidente nazionale di Federcasa, Emidio Ettore Isacchini. Nel corso del suo intervento, Buontempo ha poi sottolineato che "le Ater non avrebbero dovuto pagare l'Imu, una tassa iniqua e assolutamente dannosa per le aziende che si occupano di edilizia pubblica". "Che cosa avrebbero fatto lo Stato e i Comuni, nel caso di una disobbedienza collettiva? - si è chiesto Buontempo - avrebbero sequestrato gli immobili Ater? Forse - ha concluso - per alcune Ater sarebbe stato un bene, perché poi lo Stato avrebbe dovuto provvedere direttamente alla manutenzione degli immobili".""""""""""
ALP-AGL ISPETTORI DI SOCIETA' COOPERATIVE:
La vigilanza sulle società cooperative, anche su quelle di edilizia abitazione, è stata competenza fino al 2001 del Ministero del Lavoro, poi del Ministero dello Sviluppo Economico.Chi legge sa della situazione disastrosa, dal punto di vista della mutualità, in cui si trovano queste imprese.
Se la legge venisse rispettata, ogni anno alla porta di ogni cooperativa edilizia iscritta all'Albo Nazionale Cooperative Edilizie presso il Ministero dello Sviluppo Economico (le sole che possono legittimamente godere di finanziamenti pubblici) dovrebbe bussare un ispettore di cooperative ministeriale il quale avrebbe il compito di verificare, in maniera approfondita, che non trattasi di cooperativa spuria (=fasulla) bensì meritevole di agevolazioni.E in caso negativo di diffidarla e di proporne il commissariamento. E di fare le segnalazioni agli altri Organi di vigilanza. Capillarmente. Prima che sia troppo tardi, prima che le famiglie finiscano sul lastrico.
Questa frequenza annuale non è mai stata rispettata perchè da anni il Ministero del Lavoro (cui appartengono ancora per lo più gli ispettori che al di fuori dell'orario di servizio, su incarico del MISE, svolgono questa attività) non facilita questi funzionari e non concede loro, in caso lo volessero, di transitare nei ruoli del Ministero dello Sviluppo Economico occupandosi solo di cooperative . Addirittura il direttore generale del personale del ministero del lavoro da anni si rifiuta perfino di incontrare i sindacati su questo argomento. Preferisce evidentemente occuparsi di buoni pasto. D'altro canto, la reazione a questo atteggiamento del direttore generale degli enti cooperativi del MISE è blanda e inconsistente.
Ci appelliamo pertanto al Presidente Monti, al Ministro Patroni Griffi, ai Ministri Fornero e Passera affinchè questa situazione sia risolta una volta per tutte, intervenendo su quei dirigenti un pò distratti, mettendo in condizione la vigilanza sulle cooperative esercitata dallo Stato di compiere il suo dovere. Perchè la casa è un argomento su cui anche gli italiani più buoni possono perdere la pazienza: E questa situazione non riguarda solo il Lazio.

lunedì 1 ottobre 2012

ISPETTORI DI COOPERATIVE: SCONCERTANTI DIRETTIVE MINISTERIALI

Sconcertante Direttiva datata 27.9.2012 “sul corretto espletamento dell'attività di vigilanza” agli ispettori di società cooperative ministeriali da parte del direttore generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi del Ministero dello Sviluppo Economico.

In essa, tra le altre cose, è contenuta una “stretta” repressiva nei confronti degli ispettori.I n particolare, dopo anni, la direzione afferma che la qualità dei verbali è diminuita perchè gli ispettori proporrebbero provvedimenti errati e inapplicabili. Fino a ieri in caso di supposte carenze veniva utilizzato l'istituto del “supplemento di revisione” . Ora sembra che, invece, in presenza chissà di quale esigenza, in caso di difformità tra quanto valutato dall'ispettore e quanto “visto” dal Ministero, il verbale passi ad “interni” del Ministero i quali riesaminano statuto e bilancio e mutano la proposta di provvedimento secondo gli orientamenti ministeriali. Ora, ciò in questi anni è comunque sempre avvenuto. C'è da pensare dunque che al Ministero desiderino che la responsabilità di una situazione dubbia se la prenda tutta l'ispettore, consentendo al centro di far passare solo i verbali con cui si concorda evitando, alla radice, che arrivino verbali non condivisi e scomodi. Quindi un problema “politico”, non tecnico perchè, appunto, nel caso di errore tecnico esiste il supplemento di revisione (non retribuito). Potrebbe sostenersi che l'onere dell'esame (più di un bilancio) discende dal non rispetto della frequenza annuale o biennale delle revisioni. Ma questo è problema del Ministero che non forma validamente un congruo numero di ispettori (perchè non ci sono i soldi o perchè non lo si vuole?) non certo una colpa attribuibile ai revisori.

Si parla poi di una “scheda valutativa” redatta dai “referenti territoriali” . Avremmo gradito che fosse esplicitata la fonte giuridica di tali novità.E a che punto ne fosse l'effettiva applicazione. La direzione generale della cooperazione si è distinta da anni per una certa lentezza (perchè non ci sono stati i soldi o perchè non è stato voluto?) nell'adozione di novità. Non vorremmo che si trattasse dell'apparizione, nel firmamento di Viale Boston, della luce di astri brunettiani ormai morti.

Altra sorpresa: in un successivo passaggio sembra che l'attività di vigilanza e quella formativa non vengano programmate abitualmente dalla direzione ma che questa esigenza sorga adesso solo a seguito di questi fantomatici verbali “insufficienti”. Deve essere successo qualcosa di grave a carico di qualche importante cooperativa se all'improvviso si è deciso di compiere questa rivoluzione epocale. Poco male: vuoi vedere che il Ministero dello Sviluppo Economico sta saltando gli step evolutivi e sta per diventare l'unico Ministero che, in Italia “forma” e “programma”?

Grande innovazione da parte del direttore è anche quella dell'individuazione di una nuova fattispecie di provvedimento disciplinare , quella della “sospensione dell'attività”, a questo punto interamministrazioni e, sembra, senza procedimento e senza garanzie per l'ispettore.

Nel caso in cui poi l'ispettore, in una attività espressione dei poteri dello Stato, usa la carta intestata della sua Amministrazione, scatterebbe perfino la segnalazione disciplinare alla Amministrazione di appartenenza. Domandiamo: il Min. Sviluppo Economico detiene dal 2001 la vigilanza sulle cooperative.In 11 anni a qualcuno dei dirigenti è mai venuto in mente di fornire i revisori quanto meno di carta intestata del MISE? E di pagare ai revisori le spese postali? Si sarebbe evitato il “fai da te” e avremmo risparmiato ai detrattori della Pubblica Amministrazione le quattro risate alla vista di “ispettori” che, oltre a non avere più un tesserino di riconoscimento, usano le buste bianche (quelle per gli auguri di Natale).

Ricordiamo al direttore generale che nel MISE non vigono i principi della giustizia sportiva. Se ha tutta questa voglia di squalifiche e sospensioni immediate dall'attività può fare domanda di trasferimento al Ministero dello Sport e Spettacolo o a qualche ente preposto (sappiamo che, per il calcio scommesse, c'è molta domanda di risorse umane in quel settore).

In altro articolo, cui rinviamo, abbiamo già valutato le nuove sanzioni per le cooperative:


Il direttore ne parla ma, in sostanza, solo per dire ai revisori di aggiungere un trafiletto per “avvertire” i soggetti che esistono tali nuove sanzioni che neppure lui sa con quale iter verranno eventualmente irrogate e da chi. E se non lo sa lui...

Conclusione: abbiamo ancor più l'impressione che le cooperative continueranno tranquille ogni tipo di attività, anche illecita. In compenso, se qualche ispettore voleva incrementare quantitativamente e qualitamente la propria attività, è stato, con questa direttiva, sufficientemente “avvertito”.

Ah, dimenticavamo. Gli omologhi revisori di società cooperative (quelli privati, nominati dalle Centrali Cooperative) hanno dalla direzione generale lo stesso trattamento? O si è ritenuto ciò “superfluo” in quanto già sufficientemente “educati e istruiti”?



ALP-AGL Ispettori di Società Cooperative

mercoledì 26 settembre 2012

SI CONCLUDE CON LA VITTORIA DELLA COOPERATIVA "SOCIALE NONCELLO" DI PORDENONE IL MATCH DI 13 ANNI CON L'INPS

La Corte di Cassazione, nel pronunciarsi in merito a un contenzioso che per anni ha visto contrapposti l’Inps da un lato e la Cooperativa Sociale Noncello di Pordenone dall’altro, ha riconosciuto la possibilità per una regione (nel caso in questione, il Friuli) di integrare (purchè non andando “contro” l'art.4),l’elenco delle categorie di “soggetti svantaggiati” contenuto nella legge sulle cooperazione sociale, la 381/91.

Alla fine degli anni '90 l'INPS contestò alla cooperativa (alla fine risultata vincitrice)

di non aver assolto all’obbligo, a cui tutte le cooperative sociali di inserimento lavorativo sono soggette, di avere tra i propri lavoratori almeno il 30% di “soggetti svantaggiati” così come definiti dall’art. 4 legge 381/91 (invalidi, ex degenti di istituti psichiatrici, soggetti in trattamento psichiatrico, tossicodipendenti, alcolisti, minori in situazioni di difficoltà familiare e condannati ammessi a misure alternative alla detenzione) e quindi di aver fruito illegittimamente delle riduzioni contributive previste per questo tipo di imprese.La cooperativa nel conteggio dei propri lavoratori svantaggiati aveva incluso anche alcune categorie non esplicitamente contenute nella 381 ma tuttavia previste dalla legislazione regionale in materia di cooperazione sociale.

Questa vicenda dovrebbe farci riflettere per alcuni aspetti che hanno interessato, da più di ventanni , questa tipologia di cooperative.

Innanzitutto il ruolo, in questo campo, repressivo da parte dell'INPS, “responsabile” della “chiusura” di esperienze magari poco sosfisticate dal punto amministrativo ma senz'altro di valore dal punto di vista umano e solidaristico.

INPS che si è mosso senza che gli altri soggetti istituzionali (il Ministero del Lavoro fino al 2001, il Ministero dello Sviluppo Economico da allora ad oggi) abbiano saputo con incisività imporre quanto meno un ragionevole coordinamento dei vari aspetti dell'attività di vigilanza. Speriamo che questa sia una buona occasione per iniziare a lavorare in tale senso, in modo che d'ora in poi non esistano circolari discordanti su un medesimo aspetto regolato da una norma di legge.

Continueremo poi a insistere sull'inaccettabilità che una causa possa durare 13 anni, sia per un privato cittadino che per un soggetto imprenditoriale. Per motivi ideali innanzitutto ma se qualcuno preferisce che si faccia per forza riferimento alla “crescita”, poco male, facciamolo contento. Basta che si arrivi a un risultato.

E' poi una beffa per questa cooperativa (ma per tutti i soggetti che hanno visuuto analoghe disavventure) la non restituzione di tutti i soldi ingiustamente spesi in questi dieci anni (si parla di centomila euro) per difendersi nelle sedi giudiziarie.

Ora occorre operare su vari versanti. Innanzitutto adeguare ai tempi la nozione di soggetto svantaggiato che sempre più deve avvicinarsi all'accezione del termine nel linguaggio comune (che è stata sempre più ampia e comprensiva di quella definita dall'art. 4 legge 381/91).

Poi si ripropone un altro annoso problema: vi è sul tema una competenza statale e regionale e, purtroppo, ciò non si è tradotto in semplificazione ma in caos. In ogni regione sono rilevabili differenze e incongruenze con la legislazione statale. E, purtroppo, essendo le Regioni un crocevia di finanziamenti, è risaputo che l'assidua presenza delle centrali cooperative ai momenti di consultazione a livello regionale sulla cooperazione di produzione lavoro e sociale non solo è determinata da disinteressato slancio mutualistico ma anche dalla necessità di tutelare economicamente i più importanti tra i loro associati. Con tutti i rischi (inquinamento di scopi,conflitti di interesse o peggio) che ciò può comportare. Urge quindi che la questione sia risolta nell'ambito di un nuovo assetto istituzionale.

Riguardo a ciò le incongruenze da evitare sembrano due: una inflazione di tipologie di svantaggio (risolvibile con una graduazione e una differenziazione delle agevolazioni all'interno della legge nazionale) e lo squilibrio tra regione e regione, non sempre giustificabile dalle differenze sociali , economiche e territoriali tra una regione e l'altra. In altre parole, se l'intervento non sarà accorto e calibrato, rischiamo di aprire una altra falla nella finanza pubblica dopo quella che sembra si stia chiudendo, grazie alla GdF e all'INPS, relativamente ai “falsi invalidi”.

A naso, sembrerebbe quindi riproporsi la necessità di un forte coordinamento statale della materia.A breve nessuno può impedire alle regioni di ampliare l'elenco delle tipologie ma è anche vero che il Governo potrebbe sollecitamente (sulla base dell'esperienza proprio delle varie regioni) utilizzare lo strumento del decreto interministeriale previsto nello stesso art. 4 per ampliare con nuove categorie la platea degli svantaggiati, nel caso in cui non fossero state previste, originariamente, dalla legge.

Occorre però tener presente che la materia dell'inserimento lavorativo delle persone svantaggiate non può essere tutta scaricata sulle cooperative sociali e che sembra arrivato il momento di ridefinire la materia e gli interventi in senso più ampio.Nello specifico, esistono soggetti talmente problematici da non poter essere inseriti neppure dalle cooperative sociali nell'attuale assetto di incentivi previsti che quindi vanno riveduti attraverso una necessaria consultazione degli operatori del settore.

venerdì 14 settembre 2012

DALL'1.1.2013 TRATTAMENTO DI DISOCCUPAZIONE ANCHE PER I 20.000 IMBARCATI DELLA PICCOLA PESCA

In base alla riforma Fornero (L. 92/2012) anche i lavoratori della piccola pesca (ivi compresi i soci lavoratori delle cooperative di piccola pesca di cui alla legge 250/58) inizieranno a godere della nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (ASPI), che sostituisce l'istituto dell'indennità di disoccupazione per tutto il lavoro dipendente del settore privato.

La nuove disposizioni entreranno in vigore il 1 gennaio 2013.All'AGL Pesca ciò non basta. Vogliamo la riforma della previdenza per i pescatori, la cui normativa risale al 1958 ed è, di fatto, ormai inadeguata ai tempi.

Inoltre i pescatori continuano ad essere l'unica categoria che ancora oggi non gode di indennità economica di malattia, così come del riconoscimento dell'attività quale lavoro usurante. AGL Pesca darà il suo contributo per la conquista di questi diritti.

REGOLARIZZAZIONE EXTRACOMUNITARI : I COSTI PER IL DATORE DI LAVORO, L'ULTIMA CIRCOLARE DEL MIN.INTERNO, LE ISTRUZIONI PER COMPILARE LE DOMANDE

Clicca su: http://agl-alleanzageneraledellavoro.blogspot.it/2012/09/regolarizzazione-extracomunitari-i.html

gli affidamenti a cooperative sociali - DETERMINAZIONE 1 agosto 2012 -AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E FORNITURE

Ecco il testo integrale:


AUTORITA' PER LA VIGILANZA SUI CONTRATTI PUBBLICI DI LAVORI, SERVIZI E

FORNITURE

DETERMINAZIONE 1 agosto 2012

Linee guida per gli affidamenti a cooperative sociali ai sensi

dell'art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991. (Determinazione n.3).

(12A08972)




Premessa

L'art. 5, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381 dispone che

gli enti pubblici possano stipulare convenzioni con le cd.

cooperative sociali di tipo B, finalizzate alla fornitura di

determinati beni e servizi - diversi da quelli socio-sanitari ed

educativi - in deroga alle procedure di cui al d.lgs. 12 aprile 2006,

n. 163 (nel seguito, Codice dei contratti), purche' detti affidamenti

siano di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria.

La previsione, tesa alla promozione ed all'integrazione sociale,

costituisce concreta attuazione di quanto stabilito dall'art. 45

della Costituzione, secondo cui la Repubblica riconosce la funzione

sociale della cooperazione a carattere di mutualita' e senza fini di

speculazione privata e ne promuove e favorisce l'incremento con i

mezzi piu' idonei, assicurandone, con opportuni controlli, il

carattere e le finalita'. E' da rimarcare, altresi', come gli

affidamenti in deroga alle cooperative sociali di tipo B si

collochino in un contesto normativo, nazionale ed europeo, sempre

piu' attento all'integrazione di aspetti sociali nella

contrattualistica pubblica.

La Commissione europea si e' pronunciata piu' volte in materia,

ponendo in rilievo, gia' nella comunicazione interpretativa del 15

ottobre 2001, le possibilita' in tal senso offerte dal diritto

comunitario. Le direttive 17/2004/CE e 18/2004/CE hanno, poi,

previsto la possibilita' di integrare i criteri sociali nelle

specifiche tecniche, nei criteri di selezione, nei criteri di

aggiudicazione e nelle condizioni di esecuzione dell'appalto,

giungendo a consentire l'indizione di appalti riservati, in presenza

di determinate condizioni, a laboratori protetti o l'esecuzione del

contratto nel contesto di programmi di lavoro protetti. Tali

disposizioni sono state recepite nel Codice dei contratti e nel

Regolamento attuativo adottato con d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 (in

particolare, si vedano gli artt. 52 e 69 del Codice dei contratti).

Nell'ottobre del 2010, inoltre, la Commissione ha pubblicato la

"Guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti

pubblici", ribadendo, con indicazioni operative ed esempi, la valenza

strategica dell'integrazione di aspetti sociali nelle procedure di

affidamento di contratti pubblici, anche nel contesto della prossima

riforma delle direttive appalti. Si rammenta, infine, la

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio,

al Comitato economico e sociale europeo ed al Comitato delle Regioni

del 25 ottobre 2011, "Iniziativa per l'imprenditoria sociale -

Costruire un ecosistema per promuovere le imprese sociali al centro

dell'economia e dell'innovazione sociale", che, come parte della

Strategia Europa 2020 e delle diverse iniziative correlate, definisce

le imprese sociali come quelle per le quali l'obiettivo sociale o

socio-culturale di interesse comune e' la ragion d'essere dell'azione

commerciale ed i cui utili sono principalmente reinvestiti nel

perseguimento di tale obiettivo. Il Codice dei contratti prevede, al

riguardo, che il principio di economicita' possa essere subordinato,

entro i limiti consentiti dalla vigente normativa, ai criteri,

previsti dal bando, ispirati a esigenze sociali, nonche' alla tutela

della salute e dell'ambiente e alla promozione dello sviluppo

sostenibile (art. 2, comma 2).

Di recente, anche questa Autorita' ha sottolineato, con la

determinazione n. 7 del 24 novembre 2011, l'importanza delle

considerazioni sociali nell'utilizzo del criterio dell'offerta

economicamente piu' vantaggiosa per l'aggiudicazione di contratti di

servizi e forniture.

L'Autorita' ha condotto alcune indagini di settore sull'applicazione

del citato art. 5, comma 1, della legge n. 381/1991, dalle quali e'

emersa la necessita' di fornire alle stazioni appaltanti chiarimenti

in ordine alle modalita' di affidamento delle convenzioni.

E' stata quindi esperita una consultazione degli operatori e delle

istituzioni coinvolte (i relativi documenti sono consultabili

all'indirizzo:

http://www.avcp.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/Consultazio

niOnLine) propedeutica all'emanazione delle presenti linee guida.

1. Ambito di applicazione soggettivo

Possono stipulare le convenzioni ex art. 5 della legge n. 381/1991

tutti gli enti pubblici, compresi quelli economici e le societa' a

partecipazione pubblica.

Soggetti beneficiari delle convenzioni di inserimento lavorativo, per

contro, sono esclusivamente le cd. cooperative sociali di tipo "B",

come definite dall'art. 1, comma 1, lettera b).

La citata legge n. 381/1991 individua, infatti, due distinte

tipologie di cooperative:

- cooperative di tipo A: nell'esercizio dell'attivita' di gestione

dei servizi socio-sanitari ed educativi sono rivolte ad arrecare

beneficio a persone bisognose di intervento in ragione dell'eta',

della condizione familiare, personale o sociale.

- cooperative di tipo B: svolgono attivita' diverse (agricole,

industriali, commerciali o di servizi), finalizzate all'inserimento

lavorativo di persone svantaggiate.

Le cooperative sociali di tipo B, per l'applicazione del comma in

questione, devono avere in organico almeno il 30 per cento dei

lavoratori (soci o non) costituito da persone svantaggiate, come

prescritto dall'art. 4 della stessa legge, secondo cui sono

considerati tali "gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gli ex

degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in

trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i

minori in eta' lavorativa in situazioni di dificolta' familiare, le

persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i

condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla

detenzione e al lavoro all'esterno ai sensi dell'articolo 21 della

legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Si

considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con

decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del

Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il

Ministro della sanita', con il Ministro dell'interno e con il

Ministro per gli affari sociali".

Possono stipulare le convenzioni anche consorzi di cooperative

sociali (art. 8), purche' costituiti almeno al 70 per cento da

cooperative sociali ed a condizione che le attivita' convenzionate

siano svolte esclusivamente da cooperative sociali di inserimento

lavorativo.

L'iscrizione all'albo regionale, effettuata sulla base della

ricorrenza di un insieme di elementi concernenti la capacita'

professionale ed economico finanziaria delle cooperative sociali, e'

condizione necessaria per la stipula delle convenzioni, per le

cooperative sociali aventi sede in Italia ed i loro consorzi (cfr.

parere AVCP n. 40 del 2 aprile 2009).

Va precisato che, laddove tale albo non sia stato istituito, le

cooperative sociali devono, comunque, attestare il possesso dei

requisiti previsti dai citati articoli 1 e 4 della legge n. 381/1991.

In base alle previsioni del comma 2 dell'art. 5, nel rispetto del

principio di non discriminazione, possono richiedere di

convenzionarsi con gli enti pubblici italiani anche analoghi

operatori aventi sede negli altri Stati membri, che siano in possesso

di requisiti equivalenti a quelli richiesti per l'iscrizione all'albo

e siano iscritti nelle liste regionali di cui al comma 3 del medesimo

articolo, con facolta', in alternativa, di dare dimostrazione,

mediante idonea documentazione, del possesso dei requisiti stessi (e,

quindi, la presenza del 30 per cento di persone svantaggiate nella

compagine lavorativa).

Da ultimo, si rileva che le Regioni devono rendere noti annualmente,

attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione

europea, i requisiti e le condizioni richiesti per la stipula delle

convenzioni, nonche' le liste regionali degli organismi che ne

abbiano dimostrato il possesso alle competenti autorita' regionali

(art. 5, comma 3).

2. L'oggetto e la durata della convenzione

L'oggetto delle convenzioni con le cooperative sociali di tipo B e'

definito dall'art. 5, comma 1, della legge n. 389/1991, secondo cui

le stesse possono essere stipulate per la "fornitura di beni e

servizi diversi da quelli socio-sanitari ed educativi il cui importo

stimato al netto dellI'VA sia inferiore agli importi stabiliti dalle

direttive comunitarie in materia di appalti pubblici purche' tali

convenzioni siano finalizzate a creare opportunita' di lavoro per le

persone svantaggiate di cui all'articolo 4, comma 1".

Le forniture di beni e servizi oggetto della convenzione rientrano

nella piu' generale fattispecie di contratto di appalto (cfr., sul

punto, determinazione AVCP n. 4 del 7 luglio2011). Tuttavia,

l'oggetto della convenzione non si esaurisce nella mera fornitura di

beni e servizi, ma e' qualificato dal perseguimento di una peculiare

finalita' di carattere sociale, consistente nel reinserimento

lavorativo di soggetti svantaggiati: proprio in ragione di tale

finalita', e' prevista, limitatamente alle procedure di affidamento,

la deroga alle regole ordinarie dettate dal Codice dei contratti per

gli appalti sotto soglia. Occorre, pertanto, che il profilo del

reinserimento lavorativo, unitamente al successivo monitoraggio dello

stesso in termini quantitativi e qualitativi, sia posto al centro

della convenzione e, a monte, della determina a contrarre adottata

dalla stazione appaltante ex art. 11, comma 2, del Codice dei

contratti.

Stante il dettato normativo, l'art. 5 trova applicazione in caso di

fornitura di beni e servizi: conseguentemente, benche' lo spettro

delle attivita' che possono essere svolte dalle cooperative sociali

di tipo B sia piu' ampio (cfr. art. 1, comma 1, legge n. 381/1991),

l'oggetto della convenzione non puo' essere costituito

dall'esecuzione di lavori pubblici ne' dalla gestione di servizi

pubblici locali di rilevanza economica (in tal senso, cfr. C.d.S., 6

ottobre 2011, n. 1466; C.d.S., sez. V, 11 maggio 2010, n. 2829).

L'utilizzo dello strumento convenzionale e', quindi, ammesso per la

fornitura di beni e servizi strumentali, cioe' svolti in favore della

pubblica amministrazione e riferibili ad esigenze strumentali della

stessa. Occorre tuttavia precisare che l'attivita' delle cooperative

di tipo B puo' riguardare servizi diversi da quelli strumentali,

nell'ambito di specifici appalti, nel caso in cui il servizio

all'utenza sia espletato direttamente dalla stazione appaltante.

Come rilevato, in base al comma 1 dell'art. 5 della legge n.

381/1991, le convenzioni sono "finalizzate a creare opportunita' di

lavoro per le persone svantaggiate di cui all'art. 4, comma 1".

Sebbene l'aspetto del reinserimento lavorativo non sia chiaramente

disciplinato dalla legge n. 381/1991, si registra, nella prassi,

l'utilizzo di programmi di reinserimento personalizzati per ciascun

soggetto svantaggiato che presti servizio nell'ambito dell'appalto

affidato con convenzione ex art. 5. Sicche' occorre chiarire cosa

deve intendersi per "reinserimento lavorativo". In proposito, si

evidenzia che i relativi percorsi dovrebbero, ove possibile, avere

l'effetto di consentire ai soggetti interessati di potersi collocare

autonomamente nel mercato del lavoro.

Per altro verso, deve ritenersi che il programma di recupero e

reinserimento lavorativo delle persone svantaggiate possa essere

oggetto di specifica valutazione nell'ambito del criterio

dell'offerta economicamente piu' vantaggiosa, quale parte integrante

del progetto tecnico. In linea piu' generale, nella determinazione n.

7/2011, e' stato osservato che il criterio dell'offerta

economicamente piu' vantaggiosa puo' consentire di attribuire rilievo

ad elementi oggettivi, legati alla realizzazione di particolari

obiettivi, di valenza non economica, purche' siano collegati

all'oggetto dell'appalto e consentano di effettuare una valutazione

degli offerenti sulla base dei relativi criteri economici e

qualitativi, considerati nell'insieme allo scopo di individuare le

offerte che presentano il miglior rapporto qualita'/prezzo. Con

specifico riguardo all'utilizzo di criteri a valenza sociale per

l'affidamento di servizi e forniture, l'articolo 283, comma 2, del

Regolamento stabilisce che, al fine della determinazione dei criteri

di valutazione delle offerte, le stazioni appaltanti hanno la

facolta' di concludere protocolli di intesa o protocolli di intenti

con soggetti pubblici con competenze in materia di ambiente, salute,

sicurezza, previdenza, ordine pubblico, nonche' con le organizzazioni

sindacali e imprenditoriali, al fine di attuare, nella loro concreta

attivita' di committenza, il principio di cui all'articolo 2, comma 2

ed all'articolo 69 del Codice dei contratti.

La finalita' del reinserimento lavorativo deve essere coniugata con

la necessita' che la durata delle convenzioni non superi un limite

temporale ragionevole, avuto riguardo all'oggetto della convenzione

medesima. Le amministrazioni, pertanto, devono definire adeguatamente

la durata delle convenzioni, affinche' non sia di fatto preclusa ad

altre cooperative la possibilita' di presentare domanda di

convenzionamento, nonche' verificare che gli obiettivi stabiliti

siano effettivamente perseguiti ed attuati.

Il ricorso agli affidamenti ex art. 5 della legge n. 381/1991

presuppone che sussista un interesse della stazione appaltante

all'acquisizione di servizi e forniture riconducibili alla lettera b)

dell'art. 1 della medesima legge e che l'importo di ciascun

affidamento sia effettivamente contenuto entro la soglia di rilevanza

comunitaria, in seguito alle modifiche apportate al primo comma

dell'art. 5 dall'art. 20 della legge 6 febbraio 1996, n. 52.

Il rinvio alle soglie comunitarie operato dalla legge n. 381/1991 ha

natura dinamica e, pertanto, e' attualmente riferito alle soglie

previste dal Regolamento (UE) n. 1251/2011 della Commissione del 30

novembre 2011. Agli affidamenti in parola si applica il metodo

comunitario di calcolo del valore stimato dell'appalto, come recepito

dall'art. 29 del Codice dei contratti; quest'ultimo, infatti,

disciplina anche i contratti che presentano carattere di regolarita'

o che sono destinati ad essere rinnovati entro un determinato

periodo.

3. Le modalita' di affidamento della convenzione

In ordine alle concrete modalita' di affidamento della convenzione,

alla stipula si addiviene nel rispetto delle legislazioni regionali

applicabili, le quali devono essere, tuttavia, coerenti con la

legislazione nazionale.

In merito, occorre, rammentare quanto evidenziato dalla

giurisprudenza amministrativa (T.A.R. Lazio Roma, sez. III quater, 9

dicembre 2008, n. 11093; n. 3767 del 26 aprile 2012), secondo cui non

puo' ammettersi che l'utilizzo dello strumento convenzionale si

traduca in una deroga completa al generale obbligo di confronto

concorrenziale, giacche' l'utilizzo di risorse pubbliche impone il

rispetto dei principi generali della trasparenza e della par

condicio.

Si suggerisce, pertanto, che, nell'ambito della programmazione

dell'attivita' contrattuale per l'acquisizione di beni e servizi (a

prescindere dall'avvenuta adozione del programma facoltativo di cui

all'art. 271 del Regolamento), l'ente individui le esigenze di

approvvigionamento di beni e servizi che possono essere soddisfatte

mediante le convenzioni ex art. 5 della legge n. 381/1991. E' poi

possibile procedere alla pubblicazione, sul proprio profilo

committente, di un avviso pubblico, atto a rendere nota la volonta'

di riservare parte degli appalti di determinati servizi e forniture

alle cooperative sociali di tipo B, per le finalita' di reinserimento

lavorativo di soggetti svantaggiati. In applicazione dei generali

principi di buona amministrazione, economicita', efficacia e

trasparenza (oltre che, in alcuni casi, di specifiche disposizioni di

legge regionale), l'ente, ove sussistano piu' cooperative interessate

alla stipula della convenzione, promuove l'esperimento di una

procedura competitiva di tipo negoziato tra tali soggetti. In tali

casi, nella lettera di invito, l'ente specifica gli obiettivi di

inserimento sociale e lavorativo che intende perseguire mediante la

stipula della convenzione ed i criteri in base ai quali verranno

comparate le diverse soluzioni tecniche presentate da parte delle

cooperative.

Dal tenore letterale del comma 1 dell'art. 5 della legge n. 381/1991

e dal rinvio ivi contenuto alle soglie comunitarie, emerge che

l'ambito della deroga al Codice dei contratti e' limitato alle sole

procedure di aggiudicazione. E' quindi applicabile la disciplina

dettata dal Codice dei contratti e dal Regolamento attuativo sia per

quanto attiene ai requisiti di partecipazione ed alle specifiche

tecniche sia per l'esecuzione delle prestazioni, nonche' con riguardo

agli obblighi di comunicazione nei confronti dell'Autorita'.

Si rammenta che anche in caso di importi di valore inferiore alle

soglie comunitarie, eventuali limitazioni territoriali - che

configurassero il possesso della sede legale nel territorio comunale

come condizione ostativa all'accesso al confronto concorrenziale -

possono porsi in contrasto con il principio di parita' di trattamento

di cui all'articolo 3 della Costituzione e con la normativa

comunitaria, come gia' rilevato dall'Autorita' (si veda, ad esempio,

le deliberazione n. 45/2010 e, con specifico riferimento agli

affidamenti di valore inferiore alle soglie comunitarie, il

comunicato del Presidente dell'Autorita' del 20 ottobre 2010 "Bandi

di gara e limitazioni di carattere territoriale").

Come rilevato, mentre la scelta del contraente puo' avvenire anche in

deroga alla disciplina del Codice dei contratti e del Regolamento, la

fase dell'esecuzione delle prestazioni oggetto di convenzione resta

sottoposta a tutte le norme non espressamente derogate e, in

particolare, alle disposizioni che regolano gli appalti di servizi e

forniture sotto soglia, in ossequio a quanto previsto dall'art. 121

del Codice dei contratti.

Quanto ai controlli da esperirsi in corso di esecuzione, essi

concernono, in primo luogo, il permanere delle condizioni che

legittimano l'applicazione dell'art. 5 della legge n. 381/1991, tra

le quali, ad esempio, l'iscrizione al registro regionale di cui

all'art. 9, sul presupposto che venga rispettato quanto previsto

dall'art. 4, comma 2, della medesima legge. E' necessario che,

nell'ambito delle verifiche di conformita' in corso di esecuzione, la

stazione appaltante accerti la persistenza della predetta condizione

e - in caso di esito negativo - adotti le conseguenti determinazioni

(risoluzione della convenzione e dei contratti conseguentemente

stipulati, comunicazione all'albo ai fini della cancellazione). In

secondo luogo, occorre verificare il concreto perseguimento della

finalita' di reinserimento lavorativo; al riguardo si suggerisce alle

stazioni appaltanti, laddove possibile, di indicare il numero o la

percentuale di lavoratori svantaggiati da impiegare nella

convenzione, al fine di consentire le necessarie verifiche circa il

corretto svolgimento del progetto di reinserimento lavorativo.

Per completezza, e' opportuno rammentare che, ai sensi dell'articolo

art. 52 del Codice dei contratti, le stazioni appaltanti, fatte salve

le norme vigenti sulle cooperative sociali e sulle imprese sociali,

possono riservare la partecipazione alle procedure di gara, anche per

appalti sopra soglia comunitaria, a laboratori protetti nel rispetto

della normativa vigente, o riservarne l'esecuzione nel contesto di

programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori

interessati e' composta di disabili i quali, in ragione della natura

o della gravita' del loro handicap, non possono esercitare

un'attivita' professionale in condizioni normali. Come osservato

nella determinazione n. 2 del 23 gennaio 2008, "Indicazioni operative

sugli appalti riservati", l'art. 52 e la legge n. 381/1991 si muovono

in ambiti distinti, ma cio' non esclude che le cooperative sociali di

cui all'art. 1, lettera b), della citata legge n. 381/1991 possano

essere riconosciute come laboratori protetti, qualora possiedano i

requisiti prescritti, e, pertanto, possano partecipare agli appalti

riservati ai sensi della citata normativa.

4. Le clausole sociali

Secondo quanto previsto dall'art. 5, comma 4, della legge n.

381/1991, per i servizi e forniture di valore pari o superiore alla

soglia di cui all'articolo 28, comma 1, lettera b) del Codice dei

contratti, diversi da quelli socio-sanitari ed educativi, gli atti di

gara possono prevedere, fra le condizioni di esecuzione, l'obbligo di

eseguire il contratto con l'impiego di persone svantaggiate di cui al

citato art. 4, correlativamente all'adozione di specifici programmi

di recupero e inserimento lavorativo.

Le stazioni appaltanti devono poi vigilare sul rispetto del singolo

programma di lavoro che accompagna ciascun inserimento lavorativo di

soggetti svantaggiati impiegati nel corso dell'esecuzione del

contratto stesso, fissando le condizioni in modo chiaro nei documenti

di gara.

La possibilita' di prevedere "clausole sociali" nell'esecuzione del

contratto e' prevista, in linea generale, dall'articolo 69 del Codice

dei contratti; tale disposizione prevede che "le stazioni appaltanti

possono esigere condizioni particolari per l'esecuzione del

contratto, purche' siano compatibili con il diritto comunitario e,

tra l'altro, con i principi di parita' di trattamento, non

discriminazione, trasparenza, proporzionalita', e purche' siano

precisate nel bando di gara, o nell'invito in caso di procedure senza

bando, o nel capitolato d'oneri. Dette condizioni possono attenere,

in particolare, a esigenze sociali o ambientali".

Le clausole sociali inserite devono quindi essere compatibili con il

diritto comunitario e, in particolare, con i principi di parita' di

trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalita';

compatibilita' che si configura, secondo il 33° considerando della

direttiva 2004/18/CE, "a condizione che non siano, direttamente o

indirettamente, discriminatorie e siano indicate nel bando di gara o

nel capitolato d'oneri".

Proprio al fine di valutare tale compatibilita', l'articolo 69, comma

3, del Codice dei contratti ha previsto la possibilita' per le

stazioni appaltanti di richiedere all'Autorita' un pronunciamento su

tale aspetto delle clausole del bando contemplanti "particolari

condizioni di esecuzione del contratto", al fine di evitare, come

evidenziato dal Consiglio di Stato in sede di parere sul Codice (n.

355/2006), che tali clausole incidano negativamente sulle condizioni

di concorrenzialita' del mercato "in modo tale da discriminare o

pregiudicare alcune categorie di imprenditori, determinando cosi'

un'incompatibilita' delle previsioni del bando o dell'invito con il

diritto comunitario".

L'Autorita', ad esempio, ha ritenuto che l'impiego di persone con

disabilita', quale condizione di esecuzione dell'appalto, e' conforme

al disposto dell'art. 69 del Codice dei contratti sia in quanto

modalita' di prestazione del servizio finalizzata al perseguimento di

obiettivi sociali sia in virtu' della compatibilita' con il diritto

comunitario e con i principi del Trattato CE richiamati (cfr. pareri

sulla normativa 4 aprile 2012, n. 7; 14 maggio 2009, n. 8).

Parimenti, e' stato ritenuto compatibile con la normativa di settore

un protocollo d'intesa stipulato tra regione ed aziende sanitarie

mediante il quale veniva individuata, a monte, una quota di servizi

da affidare mediante il convenzionamento con le cooperative sociali

di tipo B ovvero con inserimento di clausole sociali come condizioni

di esecuzione (cfr. parere sulla normativa 10 marzo 2011, n. 6).

Sotto il profilo formale, la costante interpretazione dell'Autorita'

e' nel senso di ritenere che la stazione appaltante sia tenuta a

prevedere la clausola sociale nel capitolato speciale di appalto e

nel bando di gara, onorando gli obblighi pubblicitari richiesti dalla

norma. In altri termini, le condizioni di esecuzione devono essere

adeguatamente evidenziate in una clausola espressa del bando di gara.

Sulla base di quanto sopra considerato

IL CONSIGLIO

Adotta la presente determinazione.

Roma, 1° agosto 2012

Il Presidente: Santoro

Il relatore: Calandra

Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 3 agosto 2012

Il segretario: Esposito



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