IL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO Visto l'articolo 45, comma 1, della Costituzione; Visto il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577; Visto il decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale 18 luglio 1975, pubblicato per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 211 dell'8 agosto 1975, con il quale l'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.) e' stata riconosciuta quale associazione nazionale di rappresentanza assistenza e tutela del movimento cooperativo, ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, e ne e' stato altresi' approvato il relativo statuto; Visti gli articoli 27 e 28 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, con i quali si attribuiscono al Ministero delle attivita' produttive le funzioni ed i compiti gia' di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale in materia di cooperazione; Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, ed in particolare l'articolo 1, comma 12, il quale dispone che la denominazione «Ministero dello sviluppo economico» sostituisce, ad ogni effetto e ovunque presente, la denominazione «Ministero delle attivita' produttive» in relazione alle funzioni gia' conferite a tale Dicastero; Visto l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto; Visto l'articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220 ed in particolare il comma 7, in forza del quale il Ministro delle attivita' produttive puo' revocare il riconoscimento alle Associazioni nazionali che non sono in grado di assolvere efficacemente le proprie funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati; Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008, n. 197, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico; Vista la relazione del Direttore Generale per le piccole medie imprese e gli enti cooperativi, allegata alla nota prot. n. 121080 in data 17 luglio 2013, con la quale sono state segnalate perduranti problematiche ed inefficienze nell'attivita' di vigilanza dell'U.N.C.I. nei confronti delle cooperative associate, stante il persistere di una conflittualita' interna circa il soggetto titolato all'effettiva rappresentanza dell'associazione, manifestata dalla nomina di rappresentanti legali eletti in adunanze separate, indette di volta in volta da organi oggetto di contestazione, con deliberazioni impugnate in sede giurisdizionale che hanno determinato pronunce difformi e non definitive, rese in sede cautelare; Vista la relazione dei Sindaci dell'U.N.C.I. i quali nel mese di dicembre 2010 avevano segnalato un perdurante stato di immobilita' dell'attivita' amministrativa dell'Associazione di rappresentanza, a seguito del conflitto insorto in seno ai relativi organi statutari, il quale non consentiva un andamento ordinato della gestione amministrativa e associativa, con conseguente mancata approvazione del bilancio consuntivo 2009 e del bilancio preventivo 2010 nonche' delle quote associative per l'anno 2010, atti indispensabili per il corretto svolgimento della vita associativa; Viste le risultanze dell'attivita' di vigilanza svolta dal Ministero nei confronti dell'Associazione nell'anno 2011, che ha confermato irregolarita' gestionali consistenti nella mancata approvazione di bilanci, nelle intervenute modifiche statutarie in contrasto con le indicazioni ministeriali, nelle ricorrenti carenze nella redazione dei verbali di revisione da parte dei revisori incaricati dall'U.N.C.I.; Viste le diffide rivolte all'U.N.C.I. a disporre specifici correttivi nell'organizzazione dell'attivita' revisionale, da attuarsi mediante programmazione e realizzazione di attivita' formativa e di aggiornamento dei revisori, in esito alle quali sono pervenute risposte contrastanti dai diversi soggetti che rivendicavano, contemporaneamente ed in conflitto tra di loro, la titolarita' della qualita' di legale rappresentante dell'Associazione; Preso atto della corrispondenza intercorsa con la Prefettura di Roma - Ufficio territoriale del Governo, la quale attesta il perpetuarsi della situazione di forte conflitto, dovuto alle contrapposte richieste di iscrizione, quale rappresentante legale, nel registro prefettizio delle persone giuridiche, da parte di soggetti diversi, legittimati a seguito di successive pronunce, non definitive e non univoche, rese dal Tribunale Civile di Roma. In particolare, nel solo ultimo anno risulta che sulla base di successive assemblee congressuali e di distinti provvedimenti giudiziali la Prefettura di Roma ha proceduto ad iscrivere quale presidente legale rappresentante prima il Cav. Pasquale Amico, poi il Sig. Cosimo Mignogna, successivamente il Cav. Pasquale Amico e, da ultimo, in data 29 settembre 2013, il Sig. Cosimo Mignogna; Vista la nota del Sindacato FE.S.I.C.A., pervenuta in data 13 settembre 2012, con la quale si segnala al Ministero l'assenza di certezze circa l'effettiva titolarita' della rappresentanza legale dell'U.N.C.I., ribadita con successiva nota dello stesso Sindacato del 15 marzo 2013, con la quale si rinnova la richiesta di chiarimenti sul soggetto titolato a rappresentare l'Associazione in giudizio, nel procedimento di opposizione al licenziamento di dipendenti in servizio presso la sede nazionale di U.N.C.I.; Tenuto conto delle segnalazioni e richieste di chiarimenti rivolte al Ministero, provenienti da enti di natura pubblica e privata presso i quali l'U.N.C.I. ha designato propri rappresentanti, circa l'effettivita' della carica di rappresentante legale dell'Associazione medesima, stanti le contrastanti affermazioni provenienti da soggetti che assumono di essere titolati; Preso atto delle numerose pronunce rese dal Tribunale di Roma, dalle quali emerge un insanabile conflitto e la non univoca individuazione del rappresentante legale dell'U.N.C.I. ed in particolare: - ordinanza 27 aprile 2012, la quale rinvia alla inevitabile convocazione dell'assemblea degli associati l'adozione delle decisioni necessarie per risolvere le problematiche verificatesi e ripristinare un regolare sistema amministrativo; - ordinanza collegiale 19 giugno 2012 la quale riconosce la validita' della costituzione in giudizio dell'UNCI nella persona del rappresentante legale p.t. Pasquale Amico; - ordinanza 27 luglio 2012, giudice dott.ssa Buonocore, con la quale e' stato ingiunto al prof. Paolo Galligioni di "immettere Amico Pasquale, quale neo nominato presidente dell'U.N.C.I. nella disponibilita' della documentazione e dei beni di pertinenza della predetta associazione e di consentire allo stesso il libero accesso alla sede dell'Ente, per l'espletamento delle funzioni di pertinenza; astenersi dal compimento di atti ed attivita' riservate, per legge o per statuto, al Presidente dell'U.N.C.I. o ad altro diverso organo dell'Associazione; astenersi dalla spendita della qualita' di presidente dell'U.N.C.I. nei rapporti con gli associati ed i terzi"; - ordinanza 16 novembre 2012, giudice dott. Scerrato, con la quale e' stata rigettata l'istanza di sospensione della delibera congressuale del 24 marzo 2012 che ha eletto il Cav. Amico a Presidente dell'U.N.C.I., confermata con successiva ordinanza collegiale del 6 febbraio 2013; - ordinanza del 10 gennaio 2013, giudice dott.ssa Dell'Orfano, che ha dichiarato la piena regolarita' di tutti gli atti prodromici al congresso del 24 marzo 2012, riguardante l'elezione del Cav. Pasquale Amico quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - sentenza n. 16217 dell'11 giugno 2013, depositata in data 22 luglio 2013, con la quale il Tribunale di Roma - III Sezione Civile, ha accertato che lo statuto dell'U.N.C.I. da applicare e' quello del 2000, dichiarando altresi' nulla la deliberazione del Consiglio Generale U.N.C.I. del 23 giugno 2010 con cui venne fissata la convocazione del Congresso nazionale straordinario dell'Associazione ed approvato il relativo regolamento congressuale. Sulla base di detto provvedimento giudiziale e del congresso straordinario del 15 luglio 2013, la Prefettura di Roma ha provveduto ad iscrivere nel registro delle persone giuridiche il signor Mignogna Cosimo quale presidente e legale rappresentante dell'U.N.C.I.; - ordinanza del Tribunale Civile di Roma, Sezione III, giudice dott.ssa Libri, del 29 luglio 2013 con la quale e' stata in via preliminare rilevata l'infondatezza della eccezione di difetto di legittimazione passiva dell'U.N.C.I., rappresentata dal Cav. Amico, sul presupposto della spettanza a costui della carica di presidente dell'U.N.C.I., a seguito dell'elezione del 24 marzo 2012; Vista la comunicazione dell'avvio del procedimento di revoca di cui alla nota prot. n. 145274 in data 6 settembre 2013; Valutate le argomentazioni formulate mediante deposito di documentazione prodotta nel corso della accordata audizione delle parti controinteressate svoltasi in data 18 settembre 2013; Vista la successiva nota prot. n. 161545 in data 3 ottobre 2013 con la quale l'Amministrazione ha comunicato la sospensione per trenta giorni, ai sensi dell'articolo 2, comma 7, della legge 7 agosto 1990, n. 241 del termine finale del procedimento di revoca; Preso atto altresi' che, successivamente alla comunicazione del 3 ottobre 2013, inerente la sospensione del termine finale del procedimento di revoca, in data 18 ottobre 2013 veniva richiesto all'U.N.C.I. un aggiornamento di notizie circa l'attivita' di vigilanza svolta; Preso atto che nel corso del procedimento di verifica dei presupposti per la revoca, il Cav. Amico ha ribadito l'avvenuta assegnazione di 3.403 incarichi di revisione cooperativa nell'anno 2013, con la conclusione di solo 296 di essi, ed il Sig. Mignogna ha dichiarato di aver autonomamente disposto l'effettuazione di circa 1.500 revisioni cooperative dietro segnalazione degli uffici regionali dell'Associazione, restando dunque acclarata l'incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione; Ritenuto che la predetta incertezza sulla individuazione della carica di presidente e di soggetto legittimato all'attribuzione degli incarichi di revisione incide sul corretto svolgimento dell'attivita' revisionale con possibili ripercussioni sugli esiti della stessa; Valutate le dichiarazioni e le osservazioni che le due parti hanno reso negli incontri tenuti presso la Direzione generale per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi, attraverso le quali e' stata ribadita da un lato l'impossibilita' di una soluzione stragiudiziale del perdurante conflitto, dall'altra la riproposizione dello sdoppiamento delle strutture sociali ed amministrative, fatti questi che rappresentano un evidente ostacolo alla corretta e serena gestione del rapporto associativo e revisionale con le cooperative aderenti; Considerato che tale perdurante incertezza nella titolarita' della "governance" associativa ostacola l'efficace svolgimento della attivita' revisionale nei confronti degli enti cooperativi associati e le relazioni con i soggetti istituzionali che hanno rapporti con l'U.N.C.I.; Preso atto che a causa della conflittualita' interna sono state fissate due distinte sedi sociali, ubicate in luoghi diversi, con conseguente indeterminatezza ai fini delle comunicazioni, notifiche e rapporti istituzionali; Considerato che la revoca del riconoscimento costituisce l'unico provvedimento previsto dalla legge come adottabile da parte della Amministrazione, in presenza di presupposti incidenti sullo svolgimento corretto ed efficiente della attivita' revisionale nei confronti delle societa' cooperative aderenti; Ritenuto che sussistono i presupposti di fatto e di diritto per l'adozione, ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002 n. 220, del provvedimento di revoca del riconoscimento dell'associazione U.N.C.I., atteso che la medesima Associazione non risulta essere piu' in grado di assolvere efficacemente alle funzioni di vigilanza sugli enti cooperativi associati, ad essa demandate; Considerato che il suddetto riconoscimento e' intervenuto con decreto ministeriale 18 luglio 1975, adottato ai sensi e per gli effetti degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, rilevando dunque sia ai fini della legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza sia ai fini dell'acquisto della personalita' giuridica; Considerate le sopravvenute modifiche normative (articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto e articolo 3 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220) le quali circoscrivono il riconoscimento da parte di questo Ministero alla sola legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza; Considerato che il presente provvedimento di revoca incide su di un riconoscimento, avvenuto in epoca antecedente alle suddette modifiche normative, che ha rivestito la duplice inscindibile valenza di legittimazione allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza e di acquisto della personalita' giuridica, e dunque deve valere per ogni effetto conseguente allo stesso riconoscimento; Visto l'articolo 11, comma 1, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, il quale prevede che le associazioni nazionali di rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, riconosciute ai sensi dell'articolo 5 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni, e quelle riconosciute in base a leggi emanate da regioni a statuto speciale possono costituire fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, i quali possono essere gestiti senza scopo di lucro da societa' per azioni o da associazioni e sono alimentati ed incrementati ai sensi dei commi 4 e 5 del medesimo articolo 11; Considerato che l'U.N.C.I. ha costituito un fondo mutualistico gestito da Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A.; Ritenuto di dover disporre circa gli aspetti conseguenziali alla revoca del riconoscimento dell'U.N.C.I.; Decreta Art. 1 1. Ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, e' revocato ad ogni effetto il riconoscimento dell'Unione nazionale cooperative italiane (U.N.C.I.), quale associazione nazionale di rappresentanza e tutela del movimento cooperativo, di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 18 luglio 1975, adottato ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577. Art. 2 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, l'U.N.C.I. non e' piu' legittimato a ricevere alcun versamento di cui all'articolo 8 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 1577 del 1947, a titolo di contributo per l'attivita' revisionale da parte delle cooperative e degli enti mutualistici, quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, all'associazione U.N.C.I. e' fatto divieto di accettare versamenti relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le attivita' revisionali, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Art. 3 1. A far data dalla pubblicazione del presente decreto, cessa la legittimazione della societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A., che gestisce il fondo mutualistico costituito dall'U.N.C.I. ai sensi dell'articolo 11 della legge 31 gennaio 1992, n. 59, ad accettare versamenti e devoluzioni di cui al medesimo articolo 11, commi 4 e 5, rivenienti dalle societa' cooperative e dagli enti mutualistici quali individuati ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 220 del 2002. 2. A far data dalla suddetta pubblicazione, alla societa' Fondo per la promozione e lo sviluppo della cooperazione - Promocoop S.p.A. e' fatto divieto di accettare versamenti e devoluzioni relativi alle fattispecie di cui al comma 1, pena le responsabilita' configurabili alla stregua della normativa vigente. 3. Con successivo provvedimento saranno stabiliti criteri e modalita' per la definizione dei rapporti pendenti e per la individuazione delle risorse residue, acquisite per le finalita' di cui al citato articolo 11, da versare al Bilancio entrata dello Stato, Capo XVIII, Capitolo 3592. Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Avverso il presente provvedimento e' ammesso, entro 60 giorni, ricorso giurisdizionale dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ovvero, entro 120 giorni, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971. Roma, 22 novembre 2013 Il Ministro: Zanonato
martedì 3 dicembre 2013
COOPERATIVE: IL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETA LA FINE DELL'UNCI E DEL FONDO MUTUALISTICO PROMOCOOP
pubblicato sulla gazzetta ufficiale n.275 del 23 nov.2013
domenica 13 ottobre 2013
EXPO 2015: LA FOGLIA DI FICO DEI SINDACATI CONFEDERALI E’ TRASPARENTE
E’ con profonda delusione che stiamo assistendo , in questi
mesi che ci stanno avvicinando all’Expo 2015, alla squallida e piatta
convergenza di ogni forza politica su un ‘ uniforme vulgata riguardante i
presunti benefici occupazionali di questa manifestazione.
Chi ancora perde tempo a seguire le occasioni pubbliche in
cui compaiono i politici avrà notato come questi siano assidui e immancabili
frequentatori delle innaugurazioni, di qualsiasi opera si tratti, fosse pure di
un nuovo vespasiano di plastica in un giardinetto pubblico.
E’ frutto cio’ della deteriore americanizzazione all’italiana
della vita politica, nella quale la scadenza elettorale e la poltrona da
occupare pro tempore sono diventate tutto.
E l’expo 2015 non sta sfuggendo a questa regola. Ci
piacerebbe prendercela solo con i politici, ma non puo’ bastare, poiche’ i
sindacati confederali sono da tempo in prima fila in questa messa in scena.
Sarebbe facile, quasi come sparare sulla croce rossa,
esprimere timori su quali garanzie possa dare un governo regionale diretto da
una forza politica che sappiamo quali prove abbia dato di saper essere davvero
impermeabile alle infiltrazioni della criminalita’ organizzata.
Ma anche se volessimo dare a questo assetto di governo una
seconda chance, non ci pare sia poi stata operata una netta cesura in relazione
alla travagliata storia avuta dall’apparato politico chiamato a gestire
commissarialmente l’organizzazione della manifestazione. Non possiamo, ad
esempio, dimenticare che le cose dal 2008 hanno cominciato a muoversi solo a partire da quando
, nel 2013 l’attuale amministratore ha visto venir meno la presenza di un
commissario generale pluriindagato per un lungo periodo e nonostante questo
rimasto in sella.
Ma non intendiamo imbastire la solita polemica sul fatto che
determinati appalti siano stati comunque, nonostante le buone intenzioni,
inquinati dalla presenza di entità imprenditoriali oggetto tuttora di
accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria.
I posti di lavoro, come il denaro, non profumano. Potrebbe
scaturire buona occupazione anche per opera di imprese discutibili. L’importante
e’ che quando determinati imprenditori vengono arrestati il soggetto pubblico
non pensi solo a metterli in galera e a sequestrare ma a mettere in condizione
nuovi soggetti puliti di subentrare e far ripartire i lavori, nell’interesse
anche del mantenimento dei livelli occupazionali.
E qui e’ il primo punto storicamente debole della politica e
del sindacalismo italiano, incapace di far pesare la propria forza per
impedire, ad esempio, che quando questi obbligati passaggi di mano debbano
avvenire cio’ accada nella certezza dell’assenza di conflitti di interesse.
Facendo quindi pensar male ossia immaginare che qualche prudenza sia dettata da
legami non chiari con le precedenti gestioni improvvisamente interrotte dall’intervento
della Magistratura. L’esempio dell’ILVA e’ fin troppo vicino ed istruttivo.
Cosa non ci piace dell’intervento sindacale che ha prodotto la
firma a fine luglio tra Expo 2015 e Triplice sindacale del protocollo sul Sito
Espositivo che frutterà i seguenti posti di lavoro: 340 apprendisti, 195 stagisti
e 18.500 volontari?
Non tanto il realismo. Sappiamo bene che e’ dovere di
qualsiasi sindacalista, nelle condizioni date, adoperarsi affinche’ qualcosa si muova. Meglio anche
pochi posti di lavoro, anche se precari, che il deserto assoluto e la
delocalizzazione che poi significa sfruttamento di altri lavoratori.
Ma qui si e’ davvero esagerato e in maniera scandalosa. L’adozione
di quelle tipologie di impiego e solo di quelle snatura ogni visione avanzata
di possibile flessibilità finalizzata a una visione moderna del processo di
entrata dei giovani nel mondo del lavoro.Il messaggio ò chiaro: i contributi se
possibile non vanno pagati, a beneficio delle aziende, qualunque cosa
combinino, e anche a scapito dei lavoratori.E significa mettere la firma su un
ben preciso concetto: e’ possibile creare nuove occasioni di lavoro solo
tollerando il lavoro nero legalizzato. E’ vero, non c’e’ la firma “diretta”delle
Istituzioni, sotto quel protocollo. Non ce la possiamo in teoria prendere con
nessun responsabile politico. Ma e’ anche peggio: in pratica , con la
riproposizione di un vecchio cavallo di battaglia di certo sindacalismo “i
problemi li risolvano le parti sociali e il governo se ne stia fuori” di fatto
condiviso da forze politiche, di maggioranza e di opposizione, e’ tutto il
sistema che ha dato l’avallo politico alla fine del diritto del lavoro. Perche’
d’ora in poi le leggi regoleranno il nulla (il lavoro che non c’e’) e gli
accordi tra i sindacati complici il lavoro nero, l’unico che conviene e piace
alle aziende.
Da ultimo ci domandiamo come mai da una parte i sindacati
seppelliscano le norme sul lavoro e dall’altra gli stessi partecipino a
manifestazioni politico-partitiche a sostegno dell’art. 1 della costituzione.
Forse questa Costituzione piace cosi’ tanto a loro perche’ finora gli ha
consentito impunemente di creare tanti danni alle categorie che dovrebbero
difendere? O perche’ si sentono tutelati meglio, nei loro interessi da un
articolo fantasma (il 39) che inapplicato e’ meglio che lo rimanga il piu’ a
lungo possibile?
E poi, cari colleghi dei sindacati confederali, come mai le
vostre proposte contro la disoccupazione giovanile contemplano solo mega
assunzioni pubbliche che mai si realizzeranno (per gli evidenti problemi di
finanza pubblica) e non invece una precisa critica e proposta alternativa nei
confronti di un modello di sviluppo (quello dei grandi eventi come l’Expo 2015
o la TAV o le Olimpiadi presenti e future) che non ha potuto e non potra’ assicurare
ne’ uno sviluppo sostenibile ne’ (anche volendo essere minimalisti),tantomeno,
stabile e buona occupazione?
Ma ormai la frittata e’ fatta, a Milano. Sappiano i
lavoratori, anche quelli che lavoreranno a termine in Expo, che quei sindacati
firmatari sono rappresentativi, si, ma solo delle rersponsabilità nel disastro
esistenziale che vi procureranno. E che, grazie a dio, non esauriscono di certo
il panorama del futuro sindacalismo italiano, dal passato glorioso.venerdì 23 agosto 2013
IL VERMINAIO DELLE COOPERATIVE
GRAZIE AGLI ISPETTORI DI COOPERATIVE
MINISTERIALI FATTA LUCE SU UNA REALTA' SCONVOLGENTE NEL MONDO
COOPERATIVO TOSCANO. COMPORTAMENTO VERGOGNOSO DA PARTE DEI BURATTINAI
DI UN CERTO “SISTEMA” DI POTERE COOPERATIVO.
PERCHE' I SINDACATI INTERNI DEL
MINISTERO SVILUPPO ECONOMICO , IN TESTA LA CGIL, VOGLIONO INDEBOLIRE
LA VIGILANZA PUBBLICA SULLE COOPERATIVE ESPELLENDONE GLI ISPETTORI DI
PROVENIENZA MINISTERO DEL LAVORO E AGENZIA DELLE ENTRATE?
PERCHE' LE STESSE FORZE POLITICHE CHE
SI SCANDALIZZANO PER QUESTI AVVENIMENTI NON SI ADOPERANO PER TOGLIERE
ALLE CENTRALI COOPERATIVE LA POSSIBILITA' DI VIGILARE ORDINARIAMENTE
(OGNI 1-2 ANNI) LE LORO STESSE COOPERATIVE ADERENTI? AFFIDANDO TUTTA
LA VIGILANZA SOLO ALLO STATO?
PERCHE' , LAGGIU' IN TOSCANA, LA PARTE
DEL MINISTERO DEL LAVORO CHE SI OCCUPA DI ISPEZIONI SUL LAVORO NON SI
ERA IN QUESTI ANNI ACCORTA DI NULLA?
ALCOOP-AGL
lavoratori cooperative
ALP-AGL
ispettori di cooperative
ALAI-AGL
lavoratori agroindustria
AGL
Toscana
I seguenti articoli sono tratti dai
citati organi di stampa.
Forteto, esito della relazione degli ispettori
«Sulla cooperativa del Forteto, dagli ispettori ministeriali si
rileva una valutazione affine a quella cui siamo giunti con la
relazione della Commissione d’inchiesta del Consiglio regionale
tra lesione arbitraria dei diritti di alcuni soci-lavoratori,
disparità di trattamento, firme inconsapevoli su operazioni
finanziarie, negazione dell’accesso a buste paga e Cud. E i
vertici del Pd, così come un pezzo del sistema-Toscana, si ostinano
nelle difese ideologiche e d’ufficio tacciando chi cerca di
basarsi sui fatti, di fare chiarezza sulla tragica vicenda e quindi
di chiedere giustizia di strumentalizzare la vicenda? Ma con che
faccia?» A esplodere così è il Consigliere regionale del Pdl
Stefano Mugnai che ha presieduto la Commissione regionale
d’inchiesta sugli affidamenti che aveva proprio le vicende del
Forteto come cartina di tornasole.
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».
«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».
Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».
Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».
Mugnai ha appena letto le conclusioni, ormai rese pubbliche, cui sono giunti gli ispettori e beh, di rilievi sostanziali e importanti a far da presupposto alla richiesta di commissariamento ce ne sono eccome. Invece, solo pochi giorni fa, dal Pd il segretario regionale Ivan Ferruci e quello metropolitano Patrizio Mecacci – che a differenza di parte dei soci aveva potuto leggere nei giorni scorsi la relazione – avevano enfatizzato il passaggio in cui il Forteto viene definito dagli 007 del ministero «solida e fiorente realtà imprenditoriale». Non era che il rigo numero 13 di conclusioni lunghe sei pagine. A pagina 2 iniziano i guai, con gli ispettori che premettono alle loro analisi il «legame imprescindibile» tra cooperativa, associazione e una «comunità ispirata a proprie regole e principi». Il rapporto interno alla cooperativa, rilevano gli ispettori che, nei loro quattro mesi di investigazione, hanno interrogato 18 soci persone fisiche più 1 ex socio, «è sempre stato sostanzialmente basato su incondizionata “fiducia” per arrivare addirittura a una sorta di “affidamento acritico” dei soci nei confronti degli amministratori».
«Tradotto – incalza Mugnai – affidamento acritico nei confronti dei capi della comunità-setta. Quelli che ora sono a processo. Sì perché su un punto va fatta chiarezza: per i vertici della comunità il vero fine è la comunità-setta stessa, la cooperativa è un bene strumentale dal cui controllo discende la possibilità per il sistema Forteto di superare anche questo ulteriore triste capitolo. Motivo in più per considerare il commissariamento e quindi la necessità di scindere il futuro della cooperativa da quello della comunità, il modo più efficace, oltre che giusto, per tutelare azienda e posti di lavoro».
«L’organo amministrativo – si legge poi ancora nella relazione ministeriale – non sembra abbia messo a conoscenza i soci lavoratori (o lo abbia fatto in maniera marginale e superficiale) del contratto di lavoro […] e, cosa assai grave, sembra che alcuni soci abbiano inconsapevolmente sottoscritto strumenti finanziari». Ancora: «I soci lavoratori, indipendentemente dalle mansioni effettivamente svolte, sono tutti inquadrati con lo stesso contratto e in unico livello contributivo», con violazioni giuslavoristi che per le quali gli ispettori si riservano di inviare gli atti agli organi competenti. C’è dell’altro: «L’ente – si legge già a pagina 3 – nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga, del Cud e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Per non parlare dello scossone seguito alle denunce di natura penale fatte da alcuni soci, i cui contenuti sono oggetto del processo a carico di 23 persone ai vertici del Forteto – compreso il fondatore e ‘profeta’ Rodolfo Fiesoli – che inizierà il prossimo 4 ottobre. «Emerge con chiarezza – si legge a pagina 4 – un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci usciti dalla comunità [… che …] appare gratuito e comunque non riconducibile o giustificabile da irregolarità o comportamenti scorretti del socio nell’ambito del normale rapporto associativo o professionale».
Riassumendo, si rileva la «tendenza a confondere le regole ed i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario», il che pare aver «condotto gli stessi soci a ritenere “normali” atteggiamenti particolarmente “interferenti” dell’organo amministrativo».
Mugnai è tranchant: «Si tratta delle medesime dinamiche rilevate dalla Commissione regionale d’inchiesta, solo proiettate nell’universo lavorativo. I vertici del Pd comunque su una cosa hanno fatto definitiva chiarezza: il legame a filo che lega il loro partito e la storia del Forteto. Un legame che, evidentemente, è più forte delle sentenze passate in giudicato e di quanto già emerso in questi ultimi mesi; più forte anche della difesa dei diritti fondamentali delle persone e dei lavoratori, della ricerca della verità e dell’esigenza di giustizia delle vittime. Ma è l’ora di finirla, di levarsi i paraocchi. In questa vicenda occorre che tutte le persone di buona volontà, a prescindere dall’appartenenza politica, si mettano dalla parte delle vittime e dei loro diritti calpestati dopo che per trent’anni il Forteto, malgrado fior di sentenze passate in giudicato a carico dei suoi leader, ha rappresentato un punto di riferimento culturale e politico per un pezzo di Toscana. Non dico che sia facile rinunciare a un’utopia, ma le persone ed i loro diritti sono più importanti delle ideologie. Oggi è assolutamente necessario aprire gli occhi».
l documento
Forteto, ecco l'atto d'accusa
contro la
cooperativa
Secondo gli ispettori del ministero non venivano consegnate le buste paga ai soci, nè pagati straordinari e festivi
Ecco l’atto di accusa contro la cooperativa Il Forteto: sono
le sei pagine con cui i due ispettori del ministero dello Sviluppo
Economico, Lorenzo Agostini e Fabio Fibbi, riassumono le anomalie
riscontrate nell’azienda vicchiese, che a loro avviso deve essere
commissariata. Accuse dure, pesanti, che partono dalle commistioni
tra la comunità di Rodolfo Fiesoli e la cooperativa, descrivono le
discriminazione verso i soci disobbedienti, individuano varie
irregolarità amministrative e finiscono per censurare il regime di
affidi di minori messo in atto dalla cooperativa.
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013
Il documento sarà discusso oggi durante l’assemblea dei soci che si terrà al Forteto, prima che il ministero dello Sviluppo Economico decida se ratificare o meno il commissariamento. Al Forteto, scrivono Agostini e Fibbi, tra cooperativa e comunità c’è «un legame imprescindibile» e la «tendenza a confondere le regole e i principi della “comunità” con il rapporto lavorativo e societario della cooperativa». Così, tutto è delegato ai capi e i soci vengono lasciati all’oscuro persino dei propri diritti. «Emblematica, a questo proposito, l’inconsapevolezza riferita da alcuni soci interrogati di aver sottoscritto atti importanti, come ad esempio titoli obbligazionari o altri strumenti finanziari, nella completa ed acritica fiducia nei confronti dei proponenti, senza la reale conoscenza di ciò che stavano sottoscrivendo».
Gli ispettori affermano poi che «l’ente nega il diritto del socio alla consegna delle buste paga dei CUD e alla corresponsione delle prestazioni straordinarie e festive effettuate». Emerge, inoltre, «una sostanziale ignoranza dell’istituto del ristorno (la ridistribuzione ai soci del profitto realizzato dalla cooperativa, ndr), distribuito normalmente al termine di ogni esercizio ai soci lavoratori». Ampio spazio viene dato nella relazione alla discriminazione dei soci fuggiti dalla comunità, ma rimasti a lavorare in cooperativa. «Emerge con chiarezza un atteggiamento discriminatorio nei confronti dei soci che sono usciti dalla “comunità”», affermano gli ispettori, citando casi di demansionamenti e persino la storia di un ex socio che ha testimoniato di aver dovuto lasciare la cooperativa contro la propria volontà, dopo essere stato costretto in «una sorta di isolamento». Agostini e Fibbi spiegano poi che la cooperativa «non appare dotata di strumenti normativi (…)che tutelino e/o garantiscano i diritti di eventuali “ospiti” disadattati e/o minori», in riferimento al fatto che alcuni minori, in passato, non erano stati formalmente affidati a delle coppie, ma alla cooperativa stessa, senza che questa però avesse previsto norme e regolamenti interni ad hoc.
Per tutte queste ragioni, i due ispettori chiedono il commissariamento della cooperativa, perché «detto provvedimento, oltre a sanare almeno alcune delle irregolarità rilevate nel corso dell’ispezione, appare necessario al fine di un ricollocamento dell’ente nell’ambito della propria attività e del proprio scopo». Oggi, durante l’assemblea, il Cda del Forteto esporrà le controdeduzioni da presentare al ministero per sventare l’ipotesi del commissario. Ma ci sarà anche un gruppo di «soci dissidenti», con ogni probabilità minoritario, che presenterà un documento elaborato dal comitato delle vittime del Forteto, dove si afferma la necessità del commissariamento, dopo anni di «innumerevoli soprusi»: «Confidiamo – recita il testo – che la giustizia cominci ad affermarsi anche in ambito civilistico, societario, previdenziale e del lavoro, a fronte delle pluriennali violazioni dei diritti in danno dei soci e dei lavoratori».
Giulio Gori
23 agosto 2013
Forteto: Pd, Coop e cooperative contro il commissariamento ministeriale
Per gli ispettori del ministero dello Sviluppo economico l'azienda di Vicchio va commissariata. Concorde il centrodestra, non il Pd: "Strumentalizzazioni politiche che troviamo inopportune e controproducenti"
redazione20 agosto 2013
Dopo gli abusi, gli scandali, le deposizioni, gli
orrori, passando per le minacce e le richieste di lavoro, al Forteto
sono è arrivata l’ispezione del ministero dello Sviluppo
economico. E la sentenza degli ispettori, inviati lo scorso
aprile, su richiesta del Consiglio regionale toscano, si è ben
presto trasformato nell’ennesimo caso: gli ispettori hanno chiesto
il commissariamento della cooperativa di Vicchio.
La stessa richiesta di commissariamento era stata
avanzata nei mesi scorsi nella relazione finale commissione di
inchiesta sulla vicenda Forteto del Consiglio regionale, poi
approvata dall’intera Assemblea toscana. La cooperativa così ha
deciso di convocare un’assemblea straordinaria dei soci per
analizzare il contenuto della relazione e approvare delle
controdeduzioni da inviare al Ministero che dovrà esprimersi sul
commissariamento. La vicenda Forteto vede il fondatore e ‘guru’
della comunità di Vicchio, Rodolfo Fiesoli, e altre 22
persone, rinviati a giudizio nell’inchiesta sulle violenze
sessuali e maltrattamenti, che sarebbero stati inflitti agli
ospiti della comunità, tra cui minori in affido. Il processo è
convocato il 4 ottobre e tra le parti civili ammesse
figurano anche il Comune di Borgo San Lorenzo e la Regione Toscana.
A caldo, il presidente della cooperativa Stefano
Morozzi, aveva dichiarato: “Non abbiamo niente da
nascondere e non abbiamo niente da temere. I rilievi
espressi dagli ispettori saranno esaminati approfonditamente e
sicuramente risolti dal nuovo Cda della cooperativa. Si tratta di
rilevi che non giustificano una proposta di commissariamento e
nemmeno una semplice diffida”. Tra questi la decisione della
cooperativa di applicare a tutti i soci lavoratori lo stesso salario,
al pari degli altri dipendenti. Per Morozzi “una proposta di tale
gravità deve fondarsi su precise rilevazioni oggettive di gravissime
violazioni, e non può in alcun modo far semplicemente riferimento ad
un generico ‘clima pesante’, che graverebbe attorno alla
cooperativa per gli avvenimenti attribuiti a persone non più socie”.
FORTETO: ABUSO COME PRASSI, MINORI COME PREDE
Di diverso parere Stefano Mugnai del Pdl,
presidente della commissione di inchiesta del Consiglio regionale:
“E’ una richiesta più che plausibile alla luce
di quanto appreso in commissione. Un po’ alla volta verrà fatta
giustizia su una storia trentennale di abusi, di coperture politiche,
di regole non rispettate. Una storia che ancora deve essere
raccontata fino in fondo”.
IL COMITATO DELLE VITTIME CHIEDE IL COMMISSARIAMENTO
IL NO DI LEGACOOP E CONFCOOPERATIVE
– “Non comprensibile né giustificata la proposta di
commissariamento del Forteto”: così Legacoop e Confcooperative
all’indomani del vedetto ministeriale. “Occorre tutelare il
patrimonio industriale e di lavoro di un’importante realtà
agricola e produttiva toscana. I rilievi posti sono di natura
amministrativa e di scarsa entità, e possono essere affrontati e
gestiti serenamente dall’attuale gruppo dirigente, che è utile
ricordare ha segnato un importante elemento di discontinuità
rispetto al passato”.
FIESOLI RINVIATO A GIUDIZIO
PD – Ed infine, ieri, sul caso si
è espresso il Partito democratico toscano: l’auspicio, hanno
sottolineato i segretari regionale, metropolitano fiorentino e
mugellano del Pd Ivan Ferrucci, Patrizio Mecacci e Marco
Recati, è che il commissariamento “possa
essere evitato e che i rilievi posti dagli ispettori possano
trovare soluzioni mantenendo l’attuale gestione anche perché'
contemporaneamente sono stati messi in luce molti aspetti sulla
solidità dell’attività della cooperativa. Dopo la proposta di
commissariamento del Forteto – hanno continuato gli esponenti del
Pd – abbiamo assistito a nuove strumentalizzazioni
politiche del centrodestra che troviamo inopportune e
controproducenti perché è una questione che riguarda, è bene
ricordarlo, una realtà produttiva importante del nostro territorio,
il cui futuro dunque dovrebbe interessare tutti senza distinzioni di
appartenenza. La cooperativa del Forteto, tra l’altro, ha fatto
scelte importanti riguardanti i propri vertici, muovendosi secondo
noi in una giusta direzione”.
mercoledì 7 agosto 2013
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO: I SINDACATI INTERNI CONTRO LA VIGILANZA SULLE COOPERATIVE: PAGHERANNO LORO I SOLDI PERSI DALL'ERARIO?
Tratto da http://www3.varesenews.it/
“”””””””””Busto
Arsizio
Leader del catering e del lavoro nero, 14 denunciati
Le Fiamme Gialle
di Gallarate e la Procura di Busto hanno fatto luce su un sistema di
società di catering e facchinaggio che fornivano servizi di
ristorazione di alto livello, ma reclutavano e pagavano i lavoratori
in nero
Feste vip, la settimana della moda,
grandi eventi, cene eleganti a San Siro, matrimoni nei luoghi più
esclusivi: questi erano gli appuntamenti per i quali fornivano il
loro servizio cinque società di catering e 4 cooperative di
facchinaggio risultate evasori totali e centrali dello
sfruttamento del lavoro nero, scoperte dalla Guardia di
Finanza di Gallarate e dal sostituto procuratore della
Repubblica di Busto Arsizio, Francesca Parola. I
risultati dell'operazione "Wild Catering"
sono stati presentati questa mattina nella sala riunioni degli uffici
di largo Giardino dal procuratore facente funzioni Eugenio
Fusco, dal comandante provinciale delle Fiamme Gialle
Antonio Morelli e dal capitano Paolo Pettine
della Compagnia di Gallarate (alla sua ultima
indagine prima di trasferirsi a Roma, ndr). I numeri snocciolati
dal capitano svelano la grandezza del giro d'affari: oltre 2100
lavoratori impiegati irregolarmente, 70 milioni di
euro sottratti al fisco, beni sequestrati per un
valore di oltre 3,5 milioni di euro, 14 persone
denunciate.
L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.
L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
L'indagine è partita da un articolo che raccontava l'esperienza di un lavoratore di una delle cooperative di facchinaggio: «In quell'articolo il lavoratore denunciava l'esistenza di un'organizzazione di caporali che sfruttava il lavoro di persone bisognose nella zona del Basso Varesotto - ha spiegato il comandante Morelli - da lì abbiamo avviato l'indagine condotta dagli agenti di Gallarate in maniera impeccabile». Da quella denuncia si è scoperto che i caporali in provincia di Varese erano tre e attorno a loro gravitavano almeno un centinaio di persone che venivano chiamate per lavorare in queste occasioni mondane tra la provincia di Varese e quella di Milano. I lavoratori venivano pagati in nero dalla società di catering circa 12 euro l'ora, di questi 2 euro all'ora andavano al caporale oltre ad una sorta di pizzo di 5 euro giornaliere per quello che nel sistema veniva definito "diritto di chiamata". Un lavoratore che lavorava 10 ore, quindi, incassava 120 euro e ne girava 25 allo sfruttatore.
L'inchiesta ha svelato un sistema molto articolato e ampio. Le verifiche fiscali sulle cooperative di facchinaggio ha permesso di scoprire che, a capo delle società, vi erano nullatenenti o stranieri (in particolare cingalesi, ndr) e che queste avevano una vita media inferiore ai due anni per evitare verifiche fiscali. Ogni anno e mezzo, quindi, la cooperativa veniva chiusa e riaperta con un altro nome in modo da sfuggire ai controlli. L'imponibile evaso è risultato consistere in 56 milioni di euro mentre 11 sono i milioni di euro di Iva evasa. Le società hanno tutte sede a Milano e ora sono oggetto di ulteriori verifiche da parte della Procura di Milano. Oltre all'evasione fiscale le Fiamme Gialle hanno anche contestato il nuovo reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, introdotto a settembre 2011. Infine vale la pena sottolineare i sequestri effettuati: immobili di pregio a Milano, beni mobili e gioielli di grande valore per un ammontare complessivo stimato in 3,5 milioni di euro. Anche così venivano spesi i soldi sottratti al fisco e sulle spalle delle tante persone che vivono ai margini del mercato del lavoro.
11/07/2013
Ci
complimentiamo con la Guardia di Finanza di Gallarate e con la
Procura della Repubblica di Busto Arsizio per questo grande risultato
della loro attività. Loro hanno il compito di reprimere questi
fenomeni e lo fanno in maniera eccezionale.
Ma
prima della repressione dovrebbe esserci la PREVENZIONE che, nel
nostro Paese, riguardo alle Cooperative è organizzata prevedendo che
in teoria ogni due anni una ben determinata Amministrazione, il
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO, avrebbe il dovere, tramite
revisori statali appositamente abilitati, di visitare ogni
cooperativa e di esaminare la regolarità del suo funzionamento.
Se
ci fosse stata questa prevenzione, molto probabilmente,quei 67
milioni di euro relativi a questa vicenda a quest'ora sarebbero nelle
casse dell'Erario e non in mano a dei delinquenti.
Anche
uno sciocco quindi capirebbe che chi non effettua questa prevenzione
o ne ostacola l'espletamento provoca DANNO ERARIALE PER CENTINAIA DI
MILIONI DI EURO
Il
Ministero, da anni, ha a disposizione per questa attività dei
funzionari statali che provengono per lo più dal Ministero del
Lavoro e, solo di recente, anche dall'Agenzia delle Entrate e dallo
stesso Ministero dello Sviluppo Economico.
Chi
volesse farsi una cultura sulle vicende di questa vigilanza (che ha
mille problemi e che è stata sempre ostacolata ) potrebbe scorrere i
numerosi articoli che abbiamo prodotto. Quindi non intendiamo tediare
ulteriormente i lettori non interessati.
L'opinione
pubblica deve sapere che , nel silenzio complice di tutte le
organizzazioni sindacali del Ministero dello Sviluppo Economico,
anche la poca prevenzione finora fatta rischia di sparire del tutto.
Abbiamo
letto, inorriditi, il seguente passaggio di un documento sindacale
CGIL che qui riportiamo:
“””””””””Oggetto:
comunicato contrattazione 12 giugno
2013
[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
RIUNIONE DI CONTRATTAZIONE 12 GIUGNO 2013 Revisioni cooperative
L’Amministrazione fornisce l’informativa in merito alla
programmazione dei prossimi quattro corsi di aggiornamento per
revisori di cooperative, destinati al personale della periferia, che
si svolgeranno tra luglio e ottobre.[cid:image002.jpg@01CE7104.66D05420]
Ministero dello sviluppo economico
COMUNICATO FP CGIL
Quanto alla formazione di nuovi ispettori, è in programma un corso destinato al personale MISE centrale per complessivi 30 posti, di cui 15 sarebbero riservati al personale già nella graduatoria 2011, e 15 al personale della DG PMI Enti cooperativi. L’Ufficio formazione prevede la possibilità di realizzare altri corsi fino all’esaurimento della graduatoria 2011, che attualmente consiste di 77 persone.
Un altro corso, per le sedi periferiche, dovrebbe partire, previa emanazione della relativa circolare, il 23 settembre.
Le OO.SS. evidenziano la necessità di risolvere l’annosa problematica legata alle funzioni ispettive: l’avvalimento con il Ministero del Lavoro e l’Agenzia delle entrate impedisce al MISE di gestire la competenza in piena autonomia e di effettuare una adeguata programmazione del lavoro. Occorre quindi un intervento forte del Gabinetto allo scopo di porre termine all’avvalimento e ricondurre la competenza in toto all’interno del Ministero.
Le OO.SS. ritengono pertanto di approvare al momento il solo svolgimento dei corsi di aggiornamento, subordinando l’approvazione dei corsi per nuovi revisori all’impegno dell’Amministrazione di ottenere dai vertici politici la progressiva cessazione dell’avvalimento e una seria programmazione della formazione 2013-2014, con la garanzia di esaurire la graduatoria ancora vigente.”””””””””
In pratica una organizzazione sindacale (e le altre, perchè non hanno nulla da dire, sono d'accordo?) chiedono (evidentemente per logiche burocratiche interne a una specifica Amministrazione che nulla hanno a che vedere con l'interesse pubblico) l'esclusione dall'attività di vigilanza degli Ispettori provenienti dal Ministero del lavoro e dall'Agenzia delle Entrate .
Chiedono che l'attività di revisione sia svolta dai soli dipendenti del Ministero dello Sviluppo Economico lasciando, di fatto, molte aree del paese scoperte e così facendo indebolendo notevolmente l'azione di controllo.
Alcuni avanzano il dubbio che questa operazione sia strumentale al passaggio della vigilanza sulle cooperative dallo Stato ai privati, cioè alle Centrali Cooperative che già oggi, in una situazione di mostruoso conflitto di interessi, sono incaricate della vigilanza nei confronti delle loro aderenti. Ossia, ogni 2 anni viene in cooperativa un ispettore pagato dalla cooperativa stessa attraverso il contributo versato alla propria associazione. Figuriamoci che tipo di vigilanza ne possa scaturire.
E' per questo che sollecitiamo sia gli ispettori stessi che il personale e i sindacati interni delle rispettive amministrazioni, i lavoratori delle cooperative , sia i politici che e la parte più sensibile della magistratura a monitorare attentamente la situazione e a intervenire, se necessario, per stroncare sul nascere questo attentato alla funzionalità dell'attività di vigilanza.
ALP-AGL Ispettori di Società Cooperative
mercoledì 5 giugno 2013
PAVEL AUREL, UNO DEI LEADER DEGLI AUTOTRASPORTATORI ROMENI , ENTRA IN AGL !
(nella foto: Pavel Aurel)
Il Dott. Pavel Aurel, a cui diamo il
benvenuto e al quale facciamo i migliori auguri di buon lavoro, è
stato appena nominato:
* Responsabile Nazionale Autotrasportatori Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori Trasporti aderente alla Confederazione AGL)
* Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori Emigrati e Immigrati aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 0039-3208877745; 0039-3896938469; 0040-769455194
* Responsabile Nazionale Autotrasportatori Romeni dell'ALT-AGL (Alleanza Lavoratori Trasporti aderente alla Confederazione AGL)
* Segretario degli Autotrasportatori ALT-AGL in Romania
* Segretario dell'ALEI-AGL (Alleanza Lavoratori Emigrati e Immigrati aderente alla Confederazione AGL) in Romania.
Questi sono i suoi recapiti:
cell.: 0039-3208877745; 0039-3896938469; 0040-769455194
e-mail: pavel-pavel@live.it;
pavel.aurel72@gmail.com
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it
e questi i suoi siti Internet sindacali di riferimento:
http://alt-agl.blogspot.it
http://alei-agl.blogspot.it
http://agl-europa.blogspot.it
sabato 18 maggio 2013
LANDINI RIPRENDE A FIRMARE I CCNL CON CISL E UIL: COMINCIA DA QUELLO DELLE COOPERATIVE METALMECCANICHE. LEGACOOP SFRUTTA MENO DI MARCHIONNE?
E' stato lo stesso Landini a ricordarlo nel comizio (che più politico di così si muore) di Piazza San Giovanni. La FIOM, dopo lo choc dei contratti separati con la FIAT e con Federmeccanica, sembra abbia ripreso a firmare con le federazioni di categoria di CISL e UIL. Ha detto nel comizio che ciò si giustifica con la “diversità” di quel CCNL dai famigerati accordi divisivi.
Landini sa che i contratti sono pesantissimi documenti di centinaia di pagine e allegati, spesso e volentieri non supportati da indici precisi e quindi di ostica lettura per i non tecnici.E, oltretutto, di difficile reperibilità. In compenso qualche tecnico informato ha detto la sua. E dall'esame della vicenda sembra che non sia proprio andata come raccontato dalla FIOM. Che in realtà la stessa abbia firmato anche se la sua richiesta economica non è stata accolta, a favore, di quella, di minore entità, che era già stata concordata da CISL e UIL.E che per giustificare questo abbozzo, abbia preannunciato che la cosa non sarebbe finita lì ma avrebbe avuto un seguito (un accordo travestito da non sostanziale accordo, quindi, alla faccia del bisogno di certezze e di pacificazione delle imprese nella crisi). In realtà sembra che la voglia alla FIOM sia venuta perchè nel padronato cooperativo è presente Legacoop. Non ci risulta che questa Centrale Cooperativa (vicina politicamente a sinistra e CGIL) si comporti meglio di Marchionne nelle fabbriche o diversamente dagli speculatori capitalisti nel settore dei supermercati o in quello edilizio. Osserviamo pertanto che il furore etico che ha connotato il comizio di Landini non sembra avere in concreto conseguenze nel comportamento di FIOM. C'è chi ipotizza che la novità debba essere inquadrata nel prossimo congresso CGIL o nella volontà di uscire dall'isolamento derivante dalla scelta di cavalcare la via giudiziaria nel conflitto sociale. Ma anche dalla magistratura non sono poche le bastonature rifilate agli avvocati della FIOM (i tempi sono cambiati, evidentemente). Durante il comizio sono state frequenti le sottolineature dell'autonomia e dell'indipendenza di quel sindacato. Nei fatti , tuttavia, più che dell'effettiva tutela dei lavoratori la FIOM sembra più preoccupata di ricostruire un sistema di potere di un certo colore e di riconquistare un monopolio della rappresentanza sindacale a danno di tutte le realtà ad essa alternative. Non siamo i soli a notarlo, nel mondo sindacale, altri l'hanno subito sulla loro pelle e,pertanto, l'effetto sorpresa è sfumato. E fa tristezza rilevare come da un sindacato così importante non emergano proposte e linee nuove rispetto a quanto ascoltato e visto in questi ultimi vent'anni (di sconfitte).
domenica 17 marzo 2013
ISPEZIONI ALLE COOPERATIVE: TUTTO BLOCCATO PER UN MALINTESO TRA COLLEGHE DIRIGENTI (“IO VORREI...NON VORREI...MA SE VUOI...”)? SOLO QUESTO O C'E' DELL'ALTRO?
L'8 marzo 2013 con una banale e-mail il
Ministero dello Sviluppo Economico ha comunicato a tutti gli
ispettori di cooperative in servizio presso il Ministero del Lavoro
che gli stessi non avrebbero da quel momento più svolto ispezioni su
tali società, comprese le ispezioni straordinarie.
Non si ha notizia di interventi da
parte dei sindacati interni al Ministero dello Sviluppo Economico, si
sono mossi invece solo tre dei sette sindacati “rappresentativi”
(cioè che hanno superato la soglia del 5%) interni al Ministero del
Lavoro con un comunicato ossequioso nel quale premettendo (come si
usa fare da anni da parte dei sindacati ministeriali, notoriamente
più realisti del re) di non volere entrare nelle valutazioni di un
altro Ministero ,cioè del dirigente responsabile, hanno chiesto di
risolvere il problema e un urgente incontro. Silenzio da parte di
tutti gli altri soggetti potenzialmente interessati, sia all'interno
che all'esterno della Pubblica Amministrazione.
Con insolita prontezza, sei giorni
dopo, parte una lettera del Ministero del Lavoro al Ministero dello
Sviluppo Economico che la dice lunga sullo stato pietoso a cui è
giunta la dirigenza ministeriale oltre alla colpevole
irresponsabilità del livello politico.
Non sapendo a cosa attaccarsi per
rassicurare i sindacati interpellanti, la dirigente non trova niente
di meglio che rispondere all'altro ministero basandosi su una
allusione contenuta nella email da cui si capirebbe che l'una avrebbe
interpretato male una circolare dell'altra. In sintesi: c'è una
nuova norma anti corruzione, il Lavoro emana una circolare
applicativa che richiama l'attenzione sulle attività extra
istituzionali dei funzionari, lo Sviluppo Economico (abituato a
rapportarsi agli imprenditori, quindi ad andare al sodo) capisce che
deve staccare la spina agli ispettori di cooperative dell'altra
Amministrazione. Alla fine, pure la dirigente chiede un incontro alla
collega che ancora non si sa se verrà concesso e se sarà
risolutivo. E i tre sindacati (per carità, accontentiamoci, una
volta giravano- o giravano loro - la testa) stanno a guardare.
Figuriamoci gli altri quattro che sono rimasti silenti. Così come le
Centrali cooperative che fino a poco tempo fa sbraitavano contro la
concorrenza sleale delle cooperative non aderenti insufficientemente
vigilate. Come le Confederazioni Sindacali nostre concorrenti, con i
loro partner datoriali di riferimento, autrici di campagne contro il
dumping contrattuale. Così come i sindacati antagonisti, che nelle
cooperative sono molto attivi, così come le istituzioni pubbliche,
che con le cooperative stipulano contratti di appalto. Eppure le
cooperative sono al centro delle grandi opere, della TAV , di Expo
2015, dei lavori pubblici, così come nell'edilizia (ricordiamo
scandali recenti), nel Consumo (le famose Coop della pubblicità),
nell'agricoltura, nel godere di agevolazioni e contributi di vario
tipo, nel Sociale, nei Trasporti e nella Logistica. Neppure alla
politica questo avvenimento sembra interessare, in quanto si è
distratti da ben altro. E per fortuna che il Governo Monti, Passera e
la Fornero sono rimasti in carica solo per sbrigare gli affari
correnti...
Questo in realtà è il terzo grande
attacco alla vigilanza cooperativa. Nel 2003 un gruppo di dirigenti
del Ministero del Lavoro ritenne di dover “smantellare” questa
funzione dal Ministero, perseguitando per tre anni gli ispettori in
attività, in quanto voluto da non meglio precisate entità politiche
e sociali. Nel 2007 avvenne per due anni un blocco di fatto attuato
da dirigenti delle Amministrazioni del Lavoro, dello Sviluppo
Economico e dell'Economia, interrompendo a livello nazionale le
assegnazioni di incarichi giustificando ciò con la mancanza di
fondi, dirottati chissà dove (in realtà soldi pagati dalle
cooperative con un sostanzioso contributo biennale di revisione).
Ora, guarda caso, in un momento in cui
sta per divenire presidente del consiglio il più grande “amico”
delle cooperative nello schieramento politico italiano, in cui le
cooperative aderenti alle Centrali sono impegnate in appalti , sopra
ricordati, di grandissima rilevanza e in cui alcune cooperative non
aderenti hanno ripreso alla grande a svolgere attività non
autorizzata di somministrazione di lavoro (per lo più straniero,
sfruttato, sottopagato), la cooperazione spuria viene utilizzata per
dirottarvi lavoratori in esubero per crisi aziendali, una serie di
interessi trasversali vanno ad incrociarsi e a perseguire un unico
obbiettivo: quello che vi siano meno occhi possibili (anzi, nessuno)
a controllare se le cooperative si comportino correttamente. Siamo
alla vigilia di altri due o tre anni di paralisi? Ecco, ci piacerebbe
che chi è stato eletto al Parlamento in nome del nuovo che avanza ci
dimostrasse di essere capace di iniziare a infilare il dito nella
piaga. Per esempio togliendo alle Centrali la possibilità di
effettuare i controlli sulle proprie cooperative e demandando tutta
l'attività allo Stato, utilizzando appieno la forza ispettiva
presente nel Ministero del Lavoro. E mandando a casa d'ora in poi
(preavvisandolo, come gradiscono al Ministero del Lavoro) qualsiasi
dirigente che remasse contro agli interessi della propria, delle
altre amministrazioni e della collettività (in questo caso, i
cittadini che ripongono fiducia nelle cooperative). Come avrete
capito, siamo italiani e amiamo il contropiede.
AGL Ispettori di Società Cooperative
domenica 10 marzo 2013
EMERGENZA SANITARIA PER I PRODOTTI ALIMENTARI: ATTENZIONE ALLA CONTRAFFAZIONE (ANCHE DEI NOSTRI CERVELLI)
Tutti abbiamo seguito il succedersi di
notizie inquietanti emerse per l'essenziale opera di controllo svolta
dai NAS dei Carabinieri, che non finiremo mai di ringraziare. Ci
auguriamo che l'allarme sociale che si sta diffondendo non si spenga
magari per il sopraggiungere di eventi di più alta risonanza
nell'ambito della cronaca nera ma produca una buona volta dei
cambiamenti concreti. Innanzitutto: non è più possibile che dei
criminali che avariano e mettono in commercio cibo pericoloso se la
cavino con semplici sanzioni amministrative. Occorre che sia la
giustizia penale ad occuparsene, con pene severissime e certe
nell'esecuzione. E poi, in caso di flagranza, occorre immediatamente
che vengano resi pubblici nomi, cognomi, marchi e ditte coinvolte.
Solo così nelle aziende private verrebbe elevato ai massimi livelli
il sistema dei controlli interni. Ma non basta, perchè altrimenti,
come sempre avviene in Italia, sarebbero solo i lavoratori del
settore a pagare. Occorre che gli imprenditori che si macchino di
comportamenti così gravi abbiano il patrimonio sequestrato e siano
espulsi dal settore, non potendosi più occupare da quel momento di
settore alimentare. E poi diciamoci la verità: ognuno di noi sa che
questo sistema di etichettatura è fallito. Pensare di poter scoprire
il pericolo attraverso la lettura dell'etichetta è come immaginare
che i criminali vadano in giro auto etichettandosi come tali. E'
ovvio che il contenuto , se non a norma, sarà sempre collegato a
etichette fasulle, indipendentemente dall'Europa, le cui
multinazionali purtroppo hanno nel settore precisi interessi che le
stesse sanno ottimamente tutelare. Sul controllo ex post siamo
tranquilli. I NAS sanno come intervenire. Ciò che preoccupa è la
prevenzione da parte dei consumatori, dei lavoratori e delle imprese
oneste. Occorre adottare misure straordinarie come ad esempio,
l'illicenziabilità, la protezione e premi in denaro a quei
lavoratori che nel processo produttivo vengano a conoscenza di
illeciti nella preparazione degli alimenti e abbiano paura a
denunciarli. E' inutile parlare di rapporto di fiducia tra chi vende
e chi compra. I supermercati hanno una ragion d'essere oggettiva
nella efficienza e nella convenienza ma sono delle SpA e quindi
impersonali. Il vecchio generi alimentari ormai svolge un ruolo di
nicchia, servendo solo chi se lo può permettere, dati i prezzi.E'
vero, la crisi economica ha indotto un abbassamento dei consumi a
livello bellico e questo provoca una guerra sui prezzi. Ma la
soluzione non è quella di demonizzare chi pratica un prezzo più
basso (attenzione, sono gli stessi supermercati a farlo, vendendo
prodotti con la loro etichetta) ma semmai costringere chi pratica
tali prezzi stracciati a oneri informativi maggiori, anche oltre
l'etichetta (pensiamo a quanto già fa una nota rete di fast food Usa
presente massicciamente in Italia) . Un'altra misura importante
sarebbe quella della partecipazione di tutti i consumatori a un opera
informativa diffusa e in rete (meglio se organizzata e gestita dagli
stessi NAS) su ogni anomalia registrata in sede di acquisto. Quante
volte abbiamo acquistato un prodotto apparentemente di marca e sicuro
e abbiamo accusato dei disturbi, anche se lievi? Così come si è
educato alla raccolta differenziata, abituiamo la gente alla denuncia
diffusa di tutto quanto è anomalo, facendo conservare le confezioni
sospette. Non illudiamoci. Finchè ci sarà la crisi comunque il
consumatore sarà propenso a comprare il cibo a un prezzo minore
rischiando.E poi, così come in azienda esiste un responsabile della
sicurezza sul lavoro che risponde di quanto accada, esiste, nelle
aziende alimentari, una persona fisica , con nome e cognome,
responsabile della genuinità degli alimenti e a cui siano dati i
poteri di controllo tali da poter svolgere effettivamente il proprio
compito?E che sia immediatamente interpellabile dai Carabinieri e
dalla Magistratura?
Altro che le sciocchezze relative al
comprare solo italiano o a fidarsi dell'etichettatura, della data di
scadenza, della provenienza, del luogo di confezionamento o del
marchio dop e igp. E' una vergogna che, in una occasione in cui si
parla della vita umana, delle aziende o delle associazioni datoriali
non trovino di meglio che farsi una pubblicità occulta: un vero e
proprio sciacallaggio.
Passando dal piano dei consumi a quello
politico, è evidente che molto debba essere rivisto relativamente a
quanto i governi fanno a favore del settore agroalimentare e di
quello agricolo, di cui ben conosciamo la potenzialità occupazionale
e nell'export. Non vorremmo però che una classe imprenditoriale
italiana incapace a tenere il passo con il nuovo e desiderosa di non
affrontare questioni che attengono alla condizione dei lavoratori, ci
trascinasse in una assurda guerra su base europea, facendoci credere
che dietro tutti i problemi del settore vi sia solo una volontà di
annessione e conquista da parte delle potenze europee del settore e
non invece una inadeguatezza e una selezione naturale tra aziende e
sistemi paese che nello stesso continente hanno differenti capacità
di competere. Lotta alla contraffazione alimentare quindi ma anche
allo sfruttamento dei lavoratori italiani e immigrati, ai bassi
salari e alla mistificazioni del mondo dell'informazione indotte dal
vecchio capitalismo agrario italico e dai suoi servi politici e
sindacali.
domenica 17 febbraio 2013
COOPCOSTRUTTORI DI ARGENTA (FE), GIUSTIZIA ATTESA DAL 2003. DELUSIONE PER LE MITI CONDANNE
2003: scoperto un buco da un miliardo
di euro nella contabilità della quarta azienda edilizia italiana.
10.000 creditori in difficoltà e 3.000 famiglie rovinate.
Sapevamo che in Italia per avere
giustizia occorre tanto tempo. Certo, la giustizia non è vendetta
ma, nel caso in cui non sia possibile recuperare i soldi, in questo,
come in tutti gli altri casi, un po' di punizione allevia le
sofferenze. Ma in Italia non tutti i cittadini sono uguali davanti
alla legge. Chi è più ricco può pagarsi i migliori avvocati e ha
più probabilità se non di farla franca, almeno di limitare i danni.
Colpiscono alcuni fatti che da tempo si ripetono in casi come questi
che riguardano grandi cooperative affiliate a grandi Centrali.Il
nuovo modello di vigilanza pubblica cooperativa, nato, caso vuole,
proprio nel 2002 qui sembra essere stato attraversato dalla vicenda
come un ectoplasma. Magra consolazione per gli organi ministeriali
che anche le tre società di revisione e certificazione dei bilanci
(le grandissime cooperative hanno anche questo obbligo aggiuntivo)
siano state assolte. Come poteva un ispettore ministeriale in sede
straordinaria accorgersi di quanto sfuggito addirittura ai super
professionisti della revisione contabile? Però non può finire qui e
non può finire così. Per quelle imprese e famiglie coinvolte, le
quali entrambe hanno fatto affidamento sul sistema cooperativo non a
caso ma perchè pensavano che godendo di agevolazioni fosse
adeguatamente vigilato (preventivamente, contestualmente e subito
dopo gli interventi) e, dal punto di vista delle famiglie, perchè
in Italia (lo dice la Costituzione) le cooperative sono imprese non
come tutte le altre ma con la caratteristica di avere una funzione
sociale vincolante per la possibilità di godere di benefici e
contributi.
In Italia, a seguito delle prossime
elezioni, molto probabilmente diverrà Presidente del Consiglio un
esponente politico piacentino nato, cresciuto e maturato nel cuore
dell'Emilia cooperativa il quale, si dice, abbia nel mondo
cooperativo uno dei principali pilastri della propria forza politica
ed elettorale. In campagna elettorale tutti i sindacati hanno inviato
alle forze politiche una serie di indicazioni programmatiche,
chiedendo su di esse l'impegno dei vari partiti facendo intendere di
poter garantire un sostegno a chi facesse proprie determinate
proposte.
Non ci risulta che nessun altro
sindacato, oltre a noi dell'AGL, abbia chiesto al probabile futuro
presidente del Consiglio quanto segue: che per evitare che si
ripetano drammi come quello della Coopcostruttori di Argenta venga
abolita la possibilità che la vigilanza ordinaria annuale o biennale
sulle società cooperativa venga demandata alle stesse Centrali
cooperative cui quelle cooperative aderiscono e a cui pagano quota
associativa e contributi di revisione, oltre a destinare una
percentuale del patrimonio residuo ai rispettivi fondi mutualistici.
Non vi può più essere coincidenza tra controllore e controllato (la
vicenda Banca d'Italia – MPS qualcosa avrà pure insegnato) E che
la vigilanza sulle società cooperativa torni tutta e unicamente allo
Stato che la eserciti attraverso il Corpo di revisori appositamente
abilitati e per i quali venga istituito un albo e ruolo
professionale. Che questi revisori e ispettori straordinari vengano
aggiornati gratuitamente e intensamente , che tutte le strutture e le
risorse della PA vengano messe a loro disposizione a costo zero, che
vengano di nuovo istituiti uffici territoriali della vigilanza
cooperativa e che in essi vengano impiegati quelle centinaia di
revisori oggi in forza al Ministero del Lavoro (ostacolati
costantemente dalla Direzione Generale del Personale di quella
sfortunata Amministrazione) che possano, se lo vogliano, trasferirsi
al Ministero dello Sviluppo Economico. Ciò per garantire il rispetto
della frequenza annuale e biennale delle revisioni. E per prevenire,
prima che sia necessario, come per la Coopcostruttori, l'intervento
“curativo” della Magistratura (benemerita) quando però ormai
non ci sia nulla da fare per famiglie e creditori.
Aspettiamo fiduciosi di vedere se chi
si professa coraggioso liberalizzatore e nemico delle Lobby abbia,
una volta al potere, il fegato di distogliere le Associazioni che lo
hanno sempre sostenuto da un mestiere non loro congeniale (quello di
controllore di coloro che li finanziano) e di farle concentrare
sull'attività più propria di assistenza, tutela e rappresentanza.
AGL Ispettori di Cooperative
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