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domenica 17 marzo 2013

ISPEZIONI ALLE COOPERATIVE: TUTTO BLOCCATO PER UN MALINTESO TRA COLLEGHE DIRIGENTI (“IO VORREI...NON VORREI...MA SE VUOI...”)? SOLO QUESTO O C'E' DELL'ALTRO?

L'8 marzo 2013 con una banale e-mail il Ministero dello Sviluppo Economico ha comunicato a tutti gli ispettori di cooperative in servizio presso il Ministero del Lavoro che gli stessi non avrebbero da quel momento più svolto ispezioni su tali società, comprese le ispezioni straordinarie.
Non si ha notizia di interventi da parte dei sindacati interni al Ministero dello Sviluppo Economico, si sono mossi invece solo tre dei sette sindacati “rappresentativi” (cioè che hanno superato la soglia del 5%) interni al Ministero del Lavoro con un comunicato ossequioso nel quale premettendo (come si usa fare da anni da parte dei sindacati ministeriali, notoriamente più realisti del re) di non volere entrare nelle valutazioni di un altro Ministero ,cioè del dirigente responsabile, hanno chiesto di risolvere il problema e un urgente incontro. Silenzio da parte di tutti gli altri soggetti potenzialmente interessati, sia all'interno che all'esterno della Pubblica Amministrazione.
Con insolita prontezza, sei giorni dopo, parte una lettera del Ministero del Lavoro al Ministero dello Sviluppo Economico che la dice lunga sullo stato pietoso a cui è giunta la dirigenza ministeriale oltre alla colpevole irresponsabilità del livello politico.
Non sapendo a cosa attaccarsi per rassicurare i sindacati interpellanti, la dirigente non trova niente di meglio che rispondere all'altro ministero basandosi su una allusione contenuta nella email da cui si capirebbe che l'una avrebbe interpretato male una circolare dell'altra. In sintesi: c'è una nuova norma anti corruzione, il Lavoro emana una circolare applicativa che richiama l'attenzione sulle attività extra istituzionali dei funzionari, lo Sviluppo Economico (abituato a rapportarsi agli imprenditori, quindi ad andare al sodo) capisce che deve staccare la spina agli ispettori di cooperative dell'altra Amministrazione. Alla fine, pure la dirigente chiede un incontro alla collega che ancora non si sa se verrà concesso e se sarà risolutivo. E i tre sindacati (per carità, accontentiamoci, una volta giravano- o giravano loro - la testa) stanno a guardare. Figuriamoci gli altri quattro che sono rimasti silenti. Così come le Centrali cooperative che fino a poco tempo fa sbraitavano contro la concorrenza sleale delle cooperative non aderenti insufficientemente vigilate. Come le Confederazioni Sindacali nostre concorrenti, con i loro partner datoriali di riferimento, autrici di campagne contro il dumping contrattuale. Così come i sindacati antagonisti, che nelle cooperative sono molto attivi, così come le istituzioni pubbliche, che con le cooperative stipulano contratti di appalto. Eppure le cooperative sono al centro delle grandi opere, della TAV , di Expo 2015, dei lavori pubblici, così come nell'edilizia (ricordiamo scandali recenti), nel Consumo (le famose Coop della pubblicità), nell'agricoltura, nel godere di agevolazioni e contributi di vario tipo, nel Sociale, nei Trasporti e nella Logistica. Neppure alla politica questo avvenimento sembra interessare, in quanto si è distratti da ben altro. E per fortuna che il Governo Monti, Passera e la Fornero sono rimasti in carica solo per sbrigare gli affari correnti...
Questo in realtà è il terzo grande attacco alla vigilanza cooperativa. Nel 2003 un gruppo di dirigenti del Ministero del Lavoro ritenne di dover “smantellare” questa funzione dal Ministero, perseguitando per tre anni gli ispettori in attività, in quanto voluto da non meglio precisate entità politiche e sociali. Nel 2007 avvenne per due anni un blocco di fatto attuato da dirigenti delle Amministrazioni del Lavoro, dello Sviluppo Economico e dell'Economia, interrompendo a livello nazionale le assegnazioni di incarichi giustificando ciò con la mancanza di fondi, dirottati chissà dove (in realtà soldi pagati dalle cooperative con un sostanzioso contributo biennale di revisione).
Ora, guarda caso, in un momento in cui sta per divenire presidente del consiglio il più grande “amico” delle cooperative nello schieramento politico italiano, in cui le cooperative aderenti alle Centrali sono impegnate in appalti , sopra ricordati, di grandissima rilevanza e in cui alcune cooperative non aderenti hanno ripreso alla grande a svolgere attività non autorizzata di somministrazione di lavoro (per lo più straniero, sfruttato, sottopagato), la cooperazione spuria viene utilizzata per dirottarvi lavoratori in esubero per crisi aziendali, una serie di interessi trasversali vanno ad incrociarsi e a perseguire un unico obbiettivo: quello che vi siano meno occhi possibili (anzi, nessuno) a controllare se le cooperative si comportino correttamente. Siamo alla vigilia di altri due o tre anni di paralisi? Ecco, ci piacerebbe che chi è stato eletto al Parlamento in nome del nuovo che avanza ci dimostrasse di essere capace di iniziare a infilare il dito nella piaga. Per esempio togliendo alle Centrali la possibilità di effettuare i controlli sulle proprie cooperative e demandando tutta l'attività allo Stato, utilizzando appieno la forza ispettiva presente nel Ministero del Lavoro. E mandando a casa d'ora in poi (preavvisandolo, come gradiscono al Ministero del Lavoro) qualsiasi dirigente che remasse contro agli interessi della propria, delle altre amministrazioni e della collettività (in questo caso, i cittadini che ripongono fiducia nelle cooperative). Come avrete capito, siamo italiani e amiamo il contropiede.

AGL Ispettori di Società Cooperative


domenica 10 marzo 2013

EMERGENZA SANITARIA PER I PRODOTTI ALIMENTARI: ATTENZIONE ALLA CONTRAFFAZIONE (ANCHE DEI NOSTRI CERVELLI)

Tutti abbiamo seguito il succedersi di notizie inquietanti emerse per l'essenziale opera di controllo svolta dai NAS dei Carabinieri, che non finiremo mai di ringraziare. Ci auguriamo che l'allarme sociale che si sta diffondendo non si spenga magari per il sopraggiungere di eventi di più alta risonanza nell'ambito della cronaca nera ma produca una buona volta dei cambiamenti concreti. Innanzitutto: non è più possibile che dei criminali che avariano e mettono in commercio cibo pericoloso se la cavino con semplici sanzioni amministrative. Occorre che sia la giustizia penale ad occuparsene, con pene severissime e certe nell'esecuzione. E poi, in caso di flagranza, occorre immediatamente che vengano resi pubblici nomi, cognomi, marchi e ditte coinvolte. Solo così nelle aziende private verrebbe elevato ai massimi livelli il sistema dei controlli interni. Ma non basta, perchè altrimenti, come sempre avviene in Italia, sarebbero solo i lavoratori del settore a pagare. Occorre che gli imprenditori che si macchino di comportamenti così gravi abbiano il patrimonio sequestrato e siano espulsi dal settore, non potendosi più occupare da quel momento di settore alimentare. E poi diciamoci la verità: ognuno di noi sa che questo sistema di etichettatura è fallito. Pensare di poter scoprire il pericolo attraverso la lettura dell'etichetta è come immaginare che i criminali vadano in giro auto etichettandosi come tali. E' ovvio che il contenuto , se non a norma, sarà sempre collegato a etichette fasulle, indipendentemente dall'Europa, le cui multinazionali purtroppo hanno nel settore precisi interessi che le stesse sanno ottimamente tutelare. Sul controllo ex post siamo tranquilli. I NAS sanno come intervenire. Ciò che preoccupa è la prevenzione da parte dei consumatori, dei lavoratori e delle imprese oneste. Occorre adottare misure straordinarie come ad esempio, l'illicenziabilità, la protezione e premi in denaro a quei lavoratori che nel processo produttivo vengano a conoscenza di illeciti nella preparazione degli alimenti e abbiano paura a denunciarli. E' inutile parlare di rapporto di fiducia tra chi vende e chi compra. I supermercati hanno una ragion d'essere oggettiva nella efficienza e nella convenienza ma sono delle SpA e quindi impersonali. Il vecchio generi alimentari ormai svolge un ruolo di nicchia, servendo solo chi se lo può permettere, dati i prezzi.E' vero, la crisi economica ha indotto un abbassamento dei consumi a livello bellico e questo provoca una guerra sui prezzi. Ma la soluzione non è quella di demonizzare chi pratica un prezzo più basso (attenzione, sono gli stessi supermercati a farlo, vendendo prodotti con la loro etichetta) ma semmai costringere chi pratica tali prezzi stracciati a oneri informativi maggiori, anche oltre l'etichetta (pensiamo a quanto già fa una nota rete di fast food Usa presente massicciamente in Italia) . Un'altra misura importante sarebbe quella della partecipazione di tutti i consumatori a un opera informativa diffusa e in rete (meglio se organizzata e gestita dagli stessi NAS) su ogni anomalia registrata in sede di acquisto. Quante volte abbiamo acquistato un prodotto apparentemente di marca e sicuro e abbiamo accusato dei disturbi, anche se lievi? Così come si è educato alla raccolta differenziata, abituiamo la gente alla denuncia diffusa di tutto quanto è anomalo, facendo conservare le confezioni sospette. Non illudiamoci. Finchè ci sarà la crisi comunque il consumatore sarà propenso a comprare il cibo a un prezzo minore rischiando.E poi, così come in azienda esiste un responsabile della sicurezza sul lavoro che risponde di quanto accada, esiste, nelle aziende alimentari, una persona fisica , con nome e cognome, responsabile della genuinità degli alimenti e a cui siano dati i poteri di controllo tali da poter svolgere effettivamente il proprio compito?E che sia immediatamente interpellabile dai Carabinieri e dalla Magistratura?
Altro che le sciocchezze relative al comprare solo italiano o a fidarsi dell'etichettatura, della data di scadenza, della provenienza, del luogo di confezionamento o del marchio dop e igp. E' una vergogna che, in una occasione in cui si parla della vita umana, delle aziende o delle associazioni datoriali non trovino di meglio che farsi una pubblicità occulta: un vero e proprio sciacallaggio.
Passando dal piano dei consumi a quello politico, è evidente che molto debba essere rivisto relativamente a quanto i governi fanno a favore del settore agroalimentare e di quello agricolo, di cui ben conosciamo la potenzialità occupazionale e nell'export. Non vorremmo però che una classe imprenditoriale italiana incapace a tenere il passo con il nuovo e desiderosa di non affrontare questioni che attengono alla condizione dei lavoratori, ci trascinasse in una assurda guerra su base europea, facendoci credere che dietro tutti i problemi del settore vi sia solo una volontà di annessione e conquista da parte delle potenze europee del settore e non invece una inadeguatezza e una selezione naturale tra aziende e sistemi paese che nello stesso continente hanno differenti capacità di competere. Lotta alla contraffazione alimentare quindi ma anche allo sfruttamento dei lavoratori italiani e immigrati, ai bassi salari e alla mistificazioni del mondo dell'informazione indotte dal vecchio capitalismo agrario italico e dai suoi servi politici e sindacali.